SINISTRO STRADALE CAUSATO DA UN COLPO DI SONNO

La vicenda giudiziale riguarda  il reato di omicidio colposo avvenuto a causa di un colpo di sonno dell’autista di un’ambulanza e dal quale ne derivava la morte del trasportato

Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 24/05/2018) 14-06-2018, n. 27410

In tema di omicidio colposo determinato dalla perdita di controllo di un autoveicolo, nel caso in cui venga prospetta dalla difesa la tesi del malore improvviso da inquadrarsi nella nozione di infermità incidente sulla capacità intellettiva e volitiva del soggetto, come prevista dall’art. 88 c.p. – il giudice di merito può correttamente disattenderla quando manchino elementi concreti capaci di renderla plausibile e siano presenti elementi idonei a far ritenere che la perdita di controllo del veicolo sia stata determinata invece da un altro fattore non imprevedibile, che avrebbe dovuto indurre il conducente a desistere dalla guida.

I giudici di merito, considerata credibile la dichiarazione dell’imputato di aver avuto un “colpo di sonno”, tanto da essere finito fuori strada senza alcun tentativo di frenata, ritenevano integrata la violazione dell’art. 140 C.d.S., comma 1, sul rilievo di essersi posto alla guida dell’autoambulanza colposamente sottovalutando le proprie condizioni psicofisiche, di spossatezza dovuta al caldo o a stanchezza, in mancanza di qualsivoglia patologia che lo avesse indotto al sonno.

Sotto il profilo del nesso di causalità, richiamavano le conclusioni cui era pervenuto il consulente tecnico, il quale aveva riscontrato nella vittima una serie di lesioni, subite in conseguenza del sinistro, che avevano determinato uno stato di anemizzazione sempre più marcato, che, seppur nel contesto della precedente patologia di cui il trasportato era affetto aveva svolto un ruolo concausale nell’accelerare il quadro di scompenso cardio-respiratorio terminale, responsabile della morte.

La Corte territoriale riteneva, infine, congrua la pena inflitta in prime cure, stante la notevole gravità del fatto, come pure congrua la durata della sanzione accessoria della sospensione della patente.

L’imputato proponeva ricorso in Cassazione lamentando:

– vizio della motivazione in ordine alla violazione delle regole cautelari di cui agli artt. 140 e 141 C.d.S., ritenendo che l’affermazione che l’autista si fosse colposamente posto alla guida imprudentemente nelle condizioni di stanchezza descritte dai giudici di merito, e che dunque si fosse trattato di un colpo di sonno “fisiologico” e non “patologico” appare apodittica.

– violazione ed erronea applicazione di legge in ordine all’accertamento di uno stato morboso, sia pure transitorio, idoneo ad escludere la capacità di intendere e di volere ex art. 88 c.p., cioè la consapevolezza volitiva dell’azione, compreso il controllo motorio.

– violazione di legge, atteso che l’aggravante dell’art. 589, comma 2, non era stata contestata e comunque era stata abrogata dalla L. 23 marzo 2016, n. 41 che aveva soppresso le parole “sulla disciplina della circolazione stradale”. I giudici di appello avrebbero dovuto revocare l’applicazione dell’aggravante e, data la concessione delle circostanze attenuanti generiche, operare una conseguente riduzione della pena.

La Corte rigetta il ricorso sulla base di queste motivazioni

La Corte di Appello non ha valorizzato, ai fini dell’accertamento della responsabilità del conducente, la velocità tenuta dall’autoambulanza, che anche secondo il teste presente sul mezzo non era elevata – e dunque la doglianza del ricorrente sul punto appare inconferente – ma ha ravvisato la colpa dell’autista nel fatto che questi si era posto alla guida del mezzo in condizioni psico-fisiche non ottimali, tanto da aver avuto un “colpo di sonno”, che gli aveva fatto perdere il controllo del mezzo.

“I giudici di merito sono pervenuti a questa conclusione considerando complessivamente una serie di elementi, ovvero le dichiarazioni in tal senso rese dallo stesso imputato, la mancanza di tracce di frenata, l’andatura moderata, la mancanza di una qualunque reazione del M. mentre l’autoambulanza stava uscendo di strada, a dimostrazione che egli in quel momento non era vigile nella guida e presente a se stesso. Hanno altresì rilevato, con ragionamento logico ineccepibile, che la tesi difensiva di una patologia in atto era rimasta meramente assertiva e non era stata avvalorata neppure dall’imputato, il quale, nella spontanee dichiarazioni rese nell’immediatezza del fatto, non aveva riferito di alcun malore.

Deve allora ribadirsi il principio già affermato da questa Corte di legittimità, secondo il quale in tema di omicidio colposo determinato dalla perdita di controllo di un autoveicolo, nel caso in cui venga prospetta dalla difesa la tesi del malore improvviso da inquadrarsi nella nozione di infermità incidente sulla capacità intellettiva e volitiva del soggetto, come prevista dall’art. 88 c.p. – il giudice di merito può correttamente disattenderla quando manchino elementi concreti capaci di renderla plausibile e siano presenti elementi idonei a far ritenere che la perdita di controllo del veicolo sia stata determinata invece da un altro fattore non imprevedibile, che avrebbe dovuto indurre il conducente a desistere dalla guida”.

Manifestamente infondato il terzo motivo, stante la contestazione in fatto dell’aggravante costituita dalla violazione delle norme in tema di circolazione stradale e la inapplicabilità della normativa introdotta dalla L. n. 41 del 2016 in materia di omicidio stradale a fatti commessi in epoca precedente la sua entrata in vigore.

Avv. Tania Busetto


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