MA CHI DECIDE SE I GENITORI SI TRASFERISCONO ALL’ESTERO?

La Corte di Cassazione Civile, Sezioni Unite, con la sentenza n. 3555 del 10 febbraio 2017  ha stabilito che sull’affidamento dei genitori trasferiti all’estero decide il giudice straniero

Il Tribunale di primo grado, aveva dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano in merito al ricorso presentato dall’attore, padre del figlio avuto con una donna residente in Spagna, con cui chiedeva l’affidamento del minore in via esclusiva.

La Corte d’Appello aveva rigettato il reclamo proposto dall’attore. Nello specifico i genitori del ragazzino, per ragioni di lavoro si erano trasferiti all’estero e questo aveva frequentato l’asilo ed era iscritto all’anagrafe spagnola, pertanto in base all’articolo 8 del Regolamento CE n. 2201 del 2003, la competenza era internazionale per quanto riguarda la responsabilità genitoriale dedotta in giudizio.

Era stato rilevato che gli stessi genitori, in seguito alla cessazione della convivenza, avevano sottoscritto un accorso con cui avevano previsto che il bambino rimanesse in Spagna, stabilendo che in caso di trasferimento di uno dei genitori, il regolamento dell’affidamento sarebbe stato modificato al fine di facilitare il regime delle visite per il genitore non più residente nelle vicinanze.

Il padre durante le festività natalizie aveva portato con sé in Italia il minore e successivamente aveva revocato il consenso all’espatrio.

Nel ricorrere in Cassazione viene dedotta violazione e falsa applicazione dell’art. 8 del Regolamento UE n. 2201 del 2003, in relazione all’art. 360 c.p.c., primo comma n. 1, ritenendo che i giudici di merito avrebbero applicato erroneamente il criterio fondato sulla residenza abituale del minore.

Gli Ermellini, intervenuti sulla questione hanno dichiarato infondato il ricorso sottolineando che per residenza abituale deve intendersi

“il luogo dove il minore trova e riconosce, anche grazie a una permanenza tendenzialmente stabile, il centro dei propri legami affettivi, non solo parentali, originati dallo svolgersi della sua vita di relazione. In altri termini, la residenza abituale corrisponde al luogo che denota una certa integrazione del minore in un ambiente sociale e familiare, ed ai fini del relativo accertamento rilevano una serie di circostanze che vanno valutate in relazione alla peculiarità del caso concreto: la durata, la regolarità e le ragioni del soggiorno nel territorio di uno Stato membro, la cittadinanza del minore, la frequenza scolastica e, in generale, le relazioni familiari e sociali”.

I giudici di merito avevano applicato correttamente il disposto normativo dell’art. 8 del Regolamento CE n. 2201 del 2003, laddove avevano fatto riferimento alla presenza del minore nella città spagnola in cui aveva vissuto per un periodo significativo e si era integrato con i suoi coetanei, tanto che frequentava lì la scuola materna.

Inoltre si deve rammentare che:

“il criterio della vicinanza è dettato dall’interesse superiore del minore, la cui pregnanza comporta anche l’esclusione dalla validità del consenso del genitore alla proroga della giurisdizione”.

In definitiva deve essere rigettato il ricorso confermandosi il difetto di giurisdizione del giudice italiano in tale vicenda.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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