BIOTESTAMENTO, SEDAZIONE PROFONDA ED EUTANASIA

Biotestamento, qual è la differenza tra eutanasia e sedazione profonda?

Spesso si confonde la sedazione profonda con l’eutanasia

La sedazione profonda è saltata spesso agli onori della cronaca, da ultimo con il caso di Dino Bettamin, nel 2017, macellaio settantenne di Montebelluna, affetto da sclerosi laterale amiotrofica dal 2012, che aveva deciso di ricorrere alla sedazione profonda per rimanere addormentato fino alla morte, sopraggiunta pochi giorni dopo.

L’argomento è tornato alla ribalta con il videomessaggio lasciato da Maria Ripa di Meana, recentemente scomparsa.

Ma che cos’è la sedazione profonda?

Volendo spiegare brevemente, innanzitutto è necessario verificare, successivamente ad una attenta informazione e spiegazione del protocollo da parte del medico, la volontà della persona.

Nel passaggio seguente al paziente vengono somministrati dei farmaci in grado di sedarlo profondamente, annullando la sua consapevolezza. La sedazione produce l’interruzione intenzionale della percezione della sofferenza, una sofferenza che non è data solamente dal dolore fisico, ma può essere anche di tipo esistenziale.

Luciano Orsi, anestesista rianimatore e palliativista, vicepresidente della Società Italiana di Cure Palliative ha sottolineato quale sia la differenza tra sedazione profonda e eutanasia:

“Sono due procedimento completamente diversi. Diversi sono gli obbiettivi, i mezzi utilizzati e i contesti. L’intervento palliativo è un atto terapeutico con cui si vuole liberare il malato dalla sofferenza. L’eutanasia invece è la volontà di porre fine alla vita attraverso un medicinale, su richiesta esplicita del malato”.

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Lo stesso afferma che:

“In Italia esiste una legge sulle cure palliative, la numero 38 del 2010, votata all’unanimità in parlamento. È un testo che ci invidiano tutti gli altri paesi europei. Sancisce che le cure palliative, ormai entrate di fatto in Lea, i livelli essenziali di assistenza, sono un diritto del cittadino. Ciò vuol dire che tutte l procedure terapeutiche che rientrano in questa categoria, compresa la sedazione profonda, sono lecite dal punto di vista legale, giuridico e deontologico. Si usano farmaci sedativi, non la morfina, che vengono somministrati progressivamente nel corso dei giorni. Se invece il paziente grava in uno stato di emergenza, come ad esempio un’emorragia interna o esterna, oppure un soffocamento, si procede con una rapida somministrazione per togliergli coscienza”.

La decisione deve essere condivisa tra il paziente cosciente ed in grado di relazionarsi, che deve dare il suo consenso, ed il gruppo di dottori, infermieri e psicologi che si occupano del trattamento palliativo.

“Tutte le ricerche scientifiche in merito hanno ampiamente dimostrato che la sedazione palliativa profonda non anticipa né accelera la morte. Al massimo può solo allungare i tempi di sopravvivenza, non certo accorciarli. In certi casi, infatti, il malato sedato tende a vivere più a lungo di quello non sedato”.

Recentemente, la sedazione profonda è comparsa ufficialmente nella legge sul biotestamento, che all’art. 2, dopo aver affermato che il sanitario che abbia in cura un paziente con prognosi infausta a breve termine o di imminenza di morte, deve astenersi sia dal somministrare cure in maniera ostinata ed irragionevole sia dal ricorrere a trattamenti inutili, stabilisce che:

“in presenza di sofferenze refrattarie ai trattamenti sanitari, il medico può ricorrere alla sedazione palliativa profonda continua in associazione con la terapia del dolore, con il consenso del paziente”.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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