VIOLENZA SESSUALE ANCHE NEL CASO IN CUI LA VITTIMA CHIEDE DI USARE PRECAUZIONI

La vittima di violenza sessuale chiede al suo aguzzino di usare delle precauzioni? Il reato ex art. 609 bis c.p. non viene escluso, se la stessa abbia anche ripetutamente espresso il suo diniego all’atto sessuale.

Corte di Cassazione, terza sezione penale, sentenza n. 00727 del 2019

Il fatto che la vittima di violenza sessuale chieda al suo aguzzino di indossare una protezione durante l’atto fa venir meno il reato ex art. 609-bis. c.p.?

Vediamo la vicenda giudiziaria più nel dettaglio.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano condannato l’imputato per il reato ex art. 609-bis e 609-ter comma 1 n. 3 c.p., per aver costretto una ragazzina minorenne, con violenza e abusando delle sue condizioni d’inferiorità psichica e fisica, a subire atti sessuali.

L’articolo 609-bis c.p. punisce:

“Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autoritàcostringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da cinque a dieci anni.

Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali:

1) abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto;

2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevolesostituito ad altra persona.

Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi”.

L’uomo aveva conosciuto la vittima su un sito di incontri e inizialmente vi erano state un paio di uscite dove si erano scambiati qualche effusione e lui aveva detto alla vittima di essere un poliziotto e di avere 25 anni, mostrandole un tesserino, simulando la qualità di pubblico ufficiale. Al loro terzo incontro l’uomo in la aveva fatta salire a bordo della propria autovettura e la aveva condotta in una zona di campagna ed infine aveva abusato di lei.

La Corte di Cassazione, intervenuta sulla questione ha dichiarato infondato il ricorso presentato dall’uomo.

La ragazza aveva raccontato di non ricordarsi nel dettaglio l’atto sessuale ma che era certa che l’uomo avesse usato il profilattico come da lei richiesto. Tale sua richiesta era stata avanzata di fronte all’atteggiamento risoluto ed irreversibile dell’uomo.

Il Giudice aveva riportato diversi stralci della conversazione avvenuta tra la vittima e la psicologa durante l’audizione protetta in cui era emerso con chiarezza il condizionamento psicologico che l’uomo aveva avuto nei suoi confronti, che aveva fretta di concludere l’atto e nel momento cruciale quando aveva provato a negarsi, le aveva detto che non poteva. In tale contesto era chiaro che la sua richiesta di indossare una precauzione era mirata alla riduzione del danno.

Secondo costante orientamento giurisprudenziale:

“Nelle condizioni di inferiorità fisica e psichica, rientrano anche quelle che, prescindendo da patologie mentali, siano tali da determinare una posizione particolarmente vulnerabile della vittima”.

Solitamente l’applicazione dell’art. 609-bis c.p., secondo comma n. 1, ricorre in ipotesi di violenza sessuale perpetrata nei confronti di soggetti che hanno ingerito sostanze alcoliche o stupefacenti, a prescindere che tale assunzione sia stata o meno volontaria.

E ciò in quanto:

“il rapporto sessuale con persone che si trovano in stato di inferiorità fisica o psichica, anche se dovuta all’assunzione di sostanze alcoliche e/o stupefacenti, è caratterizzato da un qualificato differenziale di potere, situazione che si verifica quando l’abuso penalmente rilevante, per sfruttamento delle predette condizioni di inferiorità, è connotato da induzione da parte del soggetto forte e da abuso delle condizioni di inferiorità del soggetto debole, induzione che si configura come attività di vera e propria sopraffazione nei confronti della vittima, la quale non è in grado di aderire perché convita a farlo, ma soggiace al volere del soggetto attivo in quanto è ridotta a meno strumento di soddisfazione delle sue voglie”.

Si è affermato quindi che l’induzione ad un atto sessuale mediante abuso delle condizioni di inferiorità psichica si risolve nell’approfittamento e nella strumentalizzazione da parte dell’agente delle condizioni di vulnerabilità per accedere alla sfera intima della vittima.

La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento ha precisato che:

“in tema di atti sessuali commessi con persona in stato di inferiorità fisica o psichica, perché sussista il reato di cui all’articolo 609-bis, secondo comma n.1 c.p., è necessario accertare che la condizione di inferiorità sussista al momento del fatto; il consenso all’atto sia viziato dalla condizione di inferiorità; il vizio sia accertato caso per caso e non può essere presunto, né desunto esclusivamente dalla condizione patologica in cui si trovi la persona quando non sia di per sé tale da escludere radicalmente la capacità della stessa di autodeterminarsi; il consenso dia frutto dell’induzione; l’induzione sia stata posta in essere al fine di sfruttare la condizione di inferiorità per carpire un consenso che altrimenti non sarebbe stato dato; l’induzione e la sua natura abusiva non si identificano con l’atto sessuale ma lo precedono”.

Il fatto che la vittima avesse chiesto di usare delle precauzioni al suo aguzzino ciò non esclude il reato ex art. 609 bis c.p. in quanto questa aveva ripetutamente espresso il suo diniego all’atto sessuale.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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