VIETATO LICENZIARE CHI DENUNCIA MOLESTIE SUL LUOGO DI LAVORO

Molestie, violenze o ricatti denunciate sul luogo di lavoro: è vietato licenziare chi denuncia.

Colui che denuncia molestie, violenze o ricatti sul lavoro non può essere licenziato, né demansionato o trasferito. È una delle nuove forme di tutela per chi agisce in giudizio per molestie sul luogo di lavoro, resa possibile dalle novità introdotte dalla legge di bilancio 2018.

La legge n. 205/2017 ha modificato il Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, ossia il d.lgs n. 198/2006 ed in particolare l’articolo 26, disponendo che la lavoratrice o il lavoratore che agisca in giudizio per la dichiarazione delle discriminazioni per molestia o molestia sessuale, poste in essere in violazione dei divieti di legge,

“non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro, determinati dalla denuncia stessa”.

Quindi, l’eventuale licenziamento ritorsivo o discriminatorio del soggetto denunciante è nullo. E sono nulli anche il mutamento di mansioni ex art. 2103 c.c., nonché qualsiasi altra misura ritorsiva o discriminatoria adottata nei confronti del denunciante.

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Le suddette tutele, tuttavia, non sono garantite nei casi in cui sia accertata, anche con sentenza di primo grado, la responsabilità penale del denunciante per i reati di calunnia o diffamazione ovvero l’infondatezza della denuncia.

La legge prevede l’obbligo per i datori di lavoro, in base all’art. 2087 c.c., di

“assicurare condizioni di lavoro tali da garantire l’integrità fisica e morale e la dignità dei lavoratori, anche concordando con le organizzazioni sindacali dei lavoratori le iniziative, di natura informativa e formativa, più opportune, al fine di prevenire il fenomeno delle molestie sessuali nei luoghi di lavoro”.

Imprese, sindacati, datori di lavoro, come lavoratori e lavoratrici

“devono assicurare il mantenimento nei luoghi di lavoro di un ambiente di lavoro in cui sia rispettata la dignità di ognuno e siano favorite le relazioni interpersonali, basate su principi di eguaglianza e di reciproca correttezza”.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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