SULL’EFFICACIA PROBATORIA DELL’ESTRATTO CONTO

L’ESTRATTO CONTO COME PROVA DEL BONIFICO

La Corte di Cassazione è stata recentemente investita della valutazione sulla questione attinente l’efficacia probatoria dell’estratto conto e vi ha provveduto con la pronuncia n. 8046/2023.

La questione sottesa alla fattispecie, risolta con la pronuncia in esame, atteneva la risoluzione di un contratto preliminare per l’acquisto di alcuni terreni.

La promissaria acquirente lamentava l’inadempimento della promissaria venditrice, che tuttavia opponeva di non aver ricevuto alcun anticipo.

La promissaria acquirente quindi, chiedeva che il Tribunale adito pronunciasse la risoluzione del contratto con rifusione del doppio della caparra o, in subordine, la restituzione delle somme versate, oltre al risarcimento del danno o al pagamento di un indennizzo ai sensi dell’art. 2041 c.c.

Resistendo, la promissaria venditrice dichiarava di non aver ricevuto alcuna caparra e che non poteva essere considerata prova, l’estratto conto ove era leggibile solo l’annotazione di un bonifico, peraltro eseguito in data diversa da quella indicata nel preliminare.

Il Tribunale quindi dichiarava in conclusione la risoluzione del preliminare e ordinava alla promissaria venditrice la restituzione del doppio della caparra, che risultava versata nell’estratto conto.

La donna, promissaria venditrice, resisteva in appello, ma la decisione veniva confermata anche in secondo grado, giacché la Corte territoriale ribadiva che la promissaria venditrice non aveva dimostrato di non aver incassato la somma.

Dunque la donna ricorreva alla Corte di Cassazione che accoglieva le sue doglianze.

Per la suprema Corte infatti, il ricorso della donna risultava fondato perché la Corte d’Appello errava nel ritenere che fosse onere della donna dare prova di non aver ricevuto la caparra.

Era dunque erroneo il ragionamento per cui la semplice disposizione di bonifico costituisse prova del pagamento giacché, al contrario, la parte che agisce per la restituzione di una somma che dichiari di aver pagato, deve dimostrare di aver effettivamente effettuato il versamento con mezzi idonei.

Nel caso di specie, aggiungevano gli ermellini, l’adempimento del pagamento al domicilio del debitore, ove effettuabile in banca, si perfeziona

solo allorché la rimessa entri materialmente nella disponibilità dell’avente diritto e non anche quando (e per il solo fatto che) il debitore abbia inoltrato alla propria banca l’ordine di bonifico e questa abbia dichiarato di avervi dato corso” (cfr. Cass. n. 149/2003).

Dunque non reggeva il principio di vicinanza della prova, giacché nel caso in esame si trattava dell’incasso di somme attinente la sfera di conoscibilità del soggetto che effettua il pagamento anche con riferimento al mezzo di pagamento prescelto, circostanza questa che impedisce l’inversione dell’onere di prova.

In conclusione gli ermellini cassavano la pronuncia impugnata rinviando alla Corte d’appello in diversa composizione per la decisione sul merito.

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Cass. civ., sez. II, sent., 21 marzo 2023, n. 8046