SULL’AUTORIZZAZIONE DEL PM ALL’UTILIZZO DELLE PROVE DOCUMENTALI

Se il P.M. non rilascia l’autorizzazione, le prove documentali acquisite in seguito ad un accesso domiciliare sono inutilizzabili

Corte di Cassazione, quinta sezione civile, sentenza n. 10275 del 2019

La Corte di Cassazione, quinta sezione civile, con la sentenza n. 10275 del 2019 ha chiarito che, nel caso in cui si provveda ad eseguire un accesso domiciliare e anche se il contribuente consegni spontaneamente i documenti, se manca il provvedimento di autorizzazione rilasciato dal Procuratore della Repubblica, le prove acquisite sono inutilizzabili.

Il caso di specie origina da un ricorso proposto da un contribuente avverso l’avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate aveva rettificato la sua dichiarazione IVA, in seguito ad una verifica della Guardia di Finanza, nel corso della quale era stata rinvenuta documentazione extracontabile che aveva permesso di ricostruire l’effettiva attività svolta ed il reddito conseguito.

Le doglianze attoree erano state accolte sia in primo che in secondo grado, infatti era stato negato valore probatorio alla documentazione acquisita.

Tuttavia il giudice del rinvio aveva accolto l’appello dell’amministrazione, confermando l’avviso di accertamento, ritenendo che, secondo costante orientamento giurisprudenziale:

“l’accertamento in rettifica è consentito pure in presenza di contabilità formalmente regolare, in forza di valutazioni condotte sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti, che facciano dubitare della completezza e della fedeltà della contabilità esaminata”.

Inoltre erano state respinte anche le eccezioni riguardanti l’acquisizione della documentazione senza la preventiva autorizzazione da parte dell’autorità giudiziaria, sulla base che gli organi di controllo possono utilizzare tutti i documenti dei quali siano venuti in possesso.

Gli Ermellini, intervenuti sulla questione hanno rilevato che in tema di accertamento dell’IVA, il d.p.r. n. 633 del 1972 all’art. 52, primo comma, prevede l’accesso degli impiegati dell’Amministrazione finanziaria presso i locali adibiti all’esercizio dell’attività commerciale, agricola, artistica o professionale, ovvero presso i locali adibiti ad uso promiscuo; al secondo comma la disposizione prevede l’accesso presso i locali adibiti ad uso diverso e quindi esclusivamente abitativo.

Nel primo caso è necessaria la semplice autorizzazione del capo dell’ufficio e del procuratore della Repubblica, essendo meri adempimento procedimentali, legali alla necessità che la perquisizione venga avvallata da un’autorità gerarchicamente o funzionalmente sovraordinata.

Nel secondo caso invece l’autorizzazione del procuratore della Repubblica presuppone la sussistenza di gravi indizi di violazione tributaria, trovando il proprio fondamento nell’inviolabilità del domicilio ex art. 14 della Costituzione.

Detto ciò si evince che l’autorizzazione del P.M., all’accesso domiciliare, in caso di gravi indizi di violazione delle norme tributarie, così come previsto dall’art. 52 del d.p.r. n. 633 del 1972, in materia di iva costituisce un provvedimento necessario per la legittimità dell’accertamento.

Nel caso in cui il provvedimento di autorizzazione sia illegittimo o mancante le prove acquisite dell’autorità giudiziaria sono inutilizzabili, anche se il contribuente abbia consegnato di sua spontanea volontà la documentazione.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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