SULL’ASSEGNO DI REVERSIBILITÀ


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Sì al riconoscimento della reversibilità all’ex moglie anche se l’assegno divorzile è stato riconosciuto con sentenza emessa alcuni mesi dopo la morte dell’ex marito

Corte di Cassazione, prima sezione civile, sentenza n. 24041 del 2019

La questione che viene in rilievo con la sentenza in commento è se il provvedimento che riconosce la titolarità dell’assegno divorzile debba essere precedente alla morte del coniuge o se, invece, è sufficiente che sussista al momento in cui il coniuge divorziato proponga domanda di attribuzione di una quota della pensione di reversibilità.

Nel caso di specie la Corte d’Appello aveva parzialmente accolto il gravame proposto dall’ex moglie del de cuius nei confronti della vedeva del predetto, e dell’Inps, avvero la pronuncia di primo grado che aveva respinto le domande della stessa volta a conseguire la determinazione della quota di pensione di reversibilità e del trattamento di fine rapporto.

Il diritto della ricorrente a percepire l’assegno di divorzio, pur essendo stato introdotto il giudizio per il riconoscimento di tale assegno quando l’ex marito era ancora in vita, era stato riconosciuto dal Tribunale nella misura di euro 900 mensili con sentenza depositata alcuni mesi dopo la sua morte.

La Corte d’Appello aveva concluso per il riconoscimento dell’attribuzione nella misura del 35% in favore della ricorrente ed il restante in favore del coniuge superstite.

A sostegno di tale decisione la Corte aveva ritenuto che il fondamento dell’attribuzione al coniuge divorziato della pensione di reversibilità, o di una quota, trova fondamento

“nell’intento del legislatore di assicurare all’ex coniuge la continuità del sostegno economico correlato al permanere di un effetto della solidarietà familiare e che il requisito della previa attribuzione del diritto all’assegno divorzile si spiega con il fatto che la pensione di reversibilità prende luogo di detto assegno quando il coniuge obbligato decede”.

Individuata in tal modo la ratio dell’art. 9 della l. n. 898 del 1°dicembre 1970, i giudici hanno ritenuto che

“non può avere alcuna rilevanza la circostanza che l’accertamento che uno dei coniugi non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive intervenga per motivi meramente accidentali dopo il decesso”.

Quindi costituisce un mero “obiter dictum” l’affermazione, che si rinviene in diverse pronunce di legittimità, secondo la quale

“il riconoscimento del diritto all’attribuzione della pensione di reversibilità presuppone che il richiedente, al momento della morte dell’ex coniuge, risulti titolare di assegno divorzile”,

perché

“l’articolo 9 si limita a prescrivere che l’ex coniuge sia titolare di un assegno di mantenimento senza specificare il rapporto temporale tra il riconoscimento giudiziale e il decesso come presupposto per la erogazione della pensione di reversibilità”.

Gli Ermellini, intervenuti sulla questione hanno dichiarato che la Corte d’Appello aveva fatto buon governo dei principi sopra enunciati e pertanto il ricorso non merita accoglimento.

Dott.ssa Benedetta Cacace

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