SULLA RESPONSABILITÀ MEDICA

Alcune precisazioni sulla responsabilità medica alla luce delle leggi scientifiche

Corte di Cassazione, quarta sezione penale, sentenza n. 26568 del 2019

Il caso di specie origina dal ricorso presentato dalla parte civile nei confronti di alcuni medici in ordine al reato di cui agli artt. 40, 61 n. 9 e 589 c.p., in quanto non avevano sottoposto la paziente ai necessari approfondimenti diagnostici imposti dall’acuzie addominale da cui quest’ultima era affetta, e non intervenendo chirurgicamente in maniera tempestiva ne avevano cagionato la morte.

Il ricorrente, nell’adire la Corte di Cassazione ha dedotto la violazione di legge e vizio motivazionale, in quanto la consulenza autoptica è giunta alla conclusione che la morte della donna era avvenuta a causa di un grave pregiudizio prodotto dal doppio intervento chirurgico addominale.

Gli Ermellini, intervenuti sulla questione hanno dichiarato infondato il motivo di ricorso concernente al nesso di causalità tra l’azione antidoverosa e l’evento morte specificando che, secondo costante orientamento giurisprudenziale:

“è causa di un evento quell’antecedente senza il quale l’evento stesso non si sarebbe verificato”.

Pertanto un comportamento umano è causa di un evento solamente se, senza di esso, l’evento non si sarebbe verificato e non lo è se, anche in mancanza di tale comportamento, l’evento si sarebbe verificato in ogni caso.

Dal concetto sopra esposto nasce la nozione di giudizio controfattuale, ossia l’operazione intellettuale mediante la quale, ritenendo assente una determinata condizione, ci si domanda se, nella situazione così mutata, si sarebbe verificata o meno la medesima conseguenza.

Nel caso si dovesse giungere ad una conclusione positiva sarebbe evidente che la condotta dell’imputato non costituisce causa dell’evento.

In tema di responsabilità medica è indispensabile accertare il momento iniziale e l’evoluzione della patologia, in quanto solo così è possibile verificare se, ipotizzandosi come realizzata la condotta dovuta dal sanitario, l’evento lesivo si sarebbe evitato o differito.

Secondo il criterio della sussunzione sotto leggi scientifiche, un antecedente può essere configurato come condizione necessaria solamente nel caso in cui rientri nel novero di quelli che, sulla base di una successione regolare conforme ad una generalizzata regola di esperienza o ad una legge dotata di validità scientifica, conducono ad eventi “del tipo” quello verificatosi in concreto.

Ora, la domanda che ci si pone è la seguente: le leggi utilizzabili dal giudice derivano o dalla scienza o dall’esperienza?

Oggi ci soffermiamo sulle leggi scientifiche che in primo luogo devono soddisfare il requisito della generalità, della controllabilità e del grado di conferma di una teoria scientifica.

La giurisprudenza più recente ha affermato che la legge causale scientifica può considerarsi tale

“solamente dopo essere stata sottoposta a ripetuti, superati tentativi di falsificazione e dopo aver avuto ripetute conferme”.

Tuttavia il requisito più significativo, nell’ottica della giurisprudenza di legittimità è quello della diffusa accettazione in seno alla comunità scientifica; la rilevanza di tale requisito è tale da segnare il discrimine tra affermazione e negazione del nesso causale.

Il giudice adito è tenuto ad accertare se gli enunciati che vengono proposti trovino comune accettazione nell’ambito della comunità scientifica.

Nell’ambito delle leggi scientifiche si pone la divisione tra leggi di carattere universale e leggi di carattere statistico; le prime sono quelle che asseriscono, nella successione di determinati eventi, invariabili regolarità, senza eccezioni; le seconde invece si limitano ad affermare che il verificarsi di un evento è accompagnato dal verificarsi di un altro evento in una certa percentuale di casi e con una frequenza relativa.

Sulla base di quanto appena enunciato, le Sezioni Unite, in ambito di responsabilità medica hanno espresso i seguenti principi di diritto:

“il nesso causale può essere ravvisato quando, alla stregua del giudizio controfattuale, condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica, si accerti che, ipotizzandosi come realizzata da medico la condotta doverosa, l’evento non si sarebbe verificato, ovvero si sarebbe verificato ma in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva”.

Tuttavia non è consentito dedurre in maniera automatica dal coefficiente di probabilità espresso dalla legge statistica la conferma o meno dell’ipotesi accusatoria sull’esistenza del nesso causale, in quanto è il giudice a doverne verificare la validità nel caso concreto, sulla base delle circostanze di fatto.

“L’insufficienza, la contraddittorietà e l’incertezza del riscontro probatorio sulla ricostruzione del nesso causale, quindi il ragionevole dubbio, in base all’evidenza disponibile, sulla reale efficacia condizionante della condotta del medico rispetto ad altri fattori interagenti nella produzione dell’evento lesivo, comportano la neutralizzazione dell’ipotesi prospettata dall’accusa e l’esito assolutorio del giudizio”.

Pertanto, sussiste il nesso causale tra l’omessa adozione da parte del sanitario di misure atte a rallentare o bloccare il decorso della patologia e il decesso del paziente, allorché risulti accertato, secondo il principio di controfattualità, che la condotta doverosa avrebbe inciso positivamente sulla sopravvivenza del paziente, nel senso che l’evento non si sarebbe verificato ovvero si sarebbe verificato in epoca posteriore o con modalità migliorative.

Nel caso di specie la Corte d’Appello aveva fatto buon governo dei principi sopra menzionati, ritenendo non affatto certo che l’esecuzione di un esame radiologico avrebbe condotto ad una diagnosi precoce, con conseguente effettuazione id un intervento chirurgico tempestivo.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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