SULLA PRESCRIZIONE DELLE AZIONI DI GARANZIA


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La prescrizione della garanzia per vizi è interrotta dalla comunicazione al venditore della volontà del compratore di esercitarla benché questi riservi ad un momento successivo la scelta del tipo di tutela, dovendosi escludere che la riserva concerna un diritto diverso da quello in relazione al quale si interrompe la prescrizione

Corte di Cassazione, sezioni unite civili, sentenza n. 18672 del 2019

Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 18672 del 2019 sono intervenute per chiarire alcuni aspetti riguardanti la prescrizione delle azioni di garanzia nella compravendita.

Il caso in questione origina dalla citazione in giudizio da parte di una azienda agricola nei confronti di una cooperativa di vivai, per sentirli condannare, ex artt. 1490 e 1492 c.c., alla riduzione del prezzo di una partita di piante acquistate. L’attrice aveva restituito parte delle piante in quanto affette da virosi, e aveva reiterato la denuncia per vizi con quattro raccomandate, cui la venditrice non aveva dato alcun riscontro, procedendo esclusivamente per il recupero del credito residuo.

La convenuta, costituitasi in giudizio, aveva eccepito la tardività della denuncia e la conseguente decadenza della garanzia per vizi e la prescrizione dell’azione.

Il Giudice di Pace aveva accolto la domanda di riduzione del prezzo e così anche il giudice dell’appello che aveva respinto le eccezioni di decadenza e prescrizione riproposte in sede di appello della venditrice, ritenendo che per quanto concerneva la decadenza, l’acquirente aveva avuto piena contezza dei vizi nel corso del tempo e che per effetto delle note inviate poteva ritenersi osservato il termine decadenziale. Invece per quanto riguardava la prescrizione il Tribunale aveva rilevato che l’azione di garanzia poteva ritenersi utilmente interrotta dalle diverse comunicazioni, con le quali l’acquirente aveva manifestato l’inidoneità delle piante.

Gli Ermellini, intervenuti sulla questione hanno evidenziato come il Tribunale si era uniformato alla costante giurisprudenza, secondo cui, in tema di compravendita:

“il termine di decadenza dalla garanzia per vizi occulti decorre solo dal momento in cui il compratore abbia acquisito la certezza oggettiva dell’esistenza e della consistenza del vizio lamentato, non essendo sufficiente il semplice sospetto”.

Inoltre si è affermato come:

“il termine di decadenza per la denunzia dei vizi della cosa venduta ai sensi dell’art. 1495 c.c., pur dovendo essere riferito alla semplice manifestazione del vizio e non già alla sua individuazione causale, decorre tuttavia solo dal momento in cui il compratore abbia acquisito la piena cognizione sul piano oggettivo dell’esistenza del vizio, con la conseguenza che ove la scoperta avvenga in via graduale ed in tempi diversi e successivi, in modo da riverberarsi sull’entità del vizio stesso, occorre fare riferimento al momento in cui sia effettivamente e compiutamente emersa la relativa scoperta”.

La questione di maggior rilevanza attiene al fatto se le comunicazioni con cui l’acquirente aveva manifestato alla parte venditrice l’esistenza di vizi sui beni venduti, prospettando il ricorso alla tutela giudiziale, siano in grado di costituire atti idonei ad interrompere la prescrizione della garanzia del venditore ex art. 1490 c.c. e delle azioni di risoluzione del contratto o di riduzione del prezzo.

Secondo un primo orientamento interpretativo, la prescrizione stabilita dall’art. 1495, terzo comma del codice civile, in un anno, si interrompe una volta manifestata stragiudizialmente al venditore la volontà di volerla esercitare, anche se la scelta tra la riduzione del prezzo e la risoluzione del contratto avvenga in un momento successivo.

Secondo altro orientamento invece, la facoltà del compratore di chiedere o la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo ha natura di diritto potestativo, pertanto il termine di prescrizione per l’esercizio di tali azioni si interrompe solamente con la domanda giudiziale e non con atti di costituzione in mora.

Detto ciò sorge una importante questione, quali atti sono idonei ad interrompere il termine prescrizionale ex art. 1495 c.c.?

La configurazione dogmatica della garanzia per i vizi non è per nulla pacifica; essa ha costituito oggetto di diverse tesi.

È senza ombra di dubbio incontrastato che il fondamento della responsabilità per vizi e difetti rinviene la sua causa nel fatto che il bene consegnato non corrisponde all’oggetto dovuto alla luce di quanto previsto nell’atto di autonomia privata.

Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 11748 del 3 maggio 2019 hanno ricondotto la garanzia per vizia ad un tipo di responsabilità per inadempimento che deriva dall’inesatta esecuzione del contratto sul piano dell’efficacia traslativa per effetto delle anomalie che inficiano il bene oggetto dell’alienazione, ovvero che lo rendono inidoneo all’utilizzo cui è destinato o ne diminuiscono in modo apprezzabile il valore, e sempre che i vizi siano presenti alla conclusione del contratto il bene deve essere consegnato dal venditore nello stato in cui si trova al momento della vendita.

Secondo parte della dottrina ad evitare la perdita della garanzia varrebbe soltanto l’esercizio dei mezzi processuali, mentre secondo contrario orientamento “il dato letterale del riferimento della prescrizione all’azione anziché al diritto sarebbe irrilevante posto che la terminologia legislativa non può ritenersi decisiva in quanto anche altre volte esprime la pretesa sostanzialmente in termine di azione”.

Si rileva come i rimedi edilizi siano rimedi sostanziali in quanto attraverso di essi il compratore fa valere un diritto contrattuale. Di conseguenza anche se i rimedi previsti a vantaggio dell’acquirente sono indicati come azioni, in realtà essi non coinvolgerebbero tematiche processuali ma avrebbero contenuto sostanziale di tutela del diritto.

Le Sezioni Unite, nella causa in commento hanno enunciato il seguente principio di diritto, in linea anche con le precedenti pronunce n. 23857/2018 e 22903/2015, secondo cui:

“la prescrizione della garanzia per vizi è interrotta dalla comunicazione al venditore della volontà del compratore di esercitarla benché questi riservi ad un momento successivo la scelta del tipo di tutela, dovendosi escludere che la riserva concerna un diritto diverso da quello in relazione al quale si interrompe la prescrizione”.

In base al terzo comma dell’art. 1495 c.c., l’azione di garanzia per i vizi e la mancanza di qualità dovute si prescrive in un anno dalla consegna; è tale momento che individua il “dies a quo” della decorrenza di tale termine prescrizionale.

Le Sezioni Unite ritengono che trovi applicazione la disciplina generale in tema di prescrizione, con la conseguente operatività delle ordinarie cause di interruzione e sospensione.

“Quando si avvale della garanzia il compratore fa valere l’inadempimento di una precisa obbligazione del venditore e, conseguentemente, sul piano generale, deve ammettersi che lo possa fare attraverso una manifestazione di volontà extraprocessuale e ciò si inferisce anche da quanto stabilisce l’art. 1492, comma 2, il quale, prevedendo che la scelta è irrevocabile quando è fatta con la domanda giudiziale, significativamente la prefigura, riconnettendo alla domanda in sede processuale la sola impossibilità di rimediare l’opzione tra risoluzione e riduzione del prezzo”.

Da quanto appena esposto si evince che le domande giudiziali e gli atti di costituzione in mora costituiscono cause idonee di interruzione della prescrizione.

In definitiva si deve enunciare il seguente principio di diritto:

“Nel contratto di compravendita, costituiscono ai sensi dell’art. 2943 c.c., comma 4, idonei atti interruttivi della prescrizione dell’azione di garanzia per vizi, prevista dall’art. 1495 c.c., comma 3, le manifestazioni extragiudiziali di volontà del compratore compiute nelle forme di cui all’art. 1219 c.c., comma 1, con la produzione dell’effetto generale contemplato dall’art. 2945 c.c., comma 1”.

Dott.ssa Benedetta Cacace

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