SULLA FRODE FISCALE


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Frode fiscale e dolo eventuale

Corte di Cassazione, terza sezione penale, sentenza n. 32364 del 2019

Il Tribunale di primo grado aveva respinto l’ordinanza di riesame presentata dall’indagato avverso il provvedimento emesso dal Giudice per le indagini preliminari che aveva disposto il sequestro preventivo dei saldi attivi e dei beni intestati ad una società a responsabilità limitata, finalizzato alla confisca diretta, nonché, in subordine, in caso di insufficienza di questi beni, il sequestro preventivo dei saldi attivi giacenti sui rapporti finanziari riconducibili allo stesso.

Il sequestro preventivo si riferiva al profitto del reato di cui al D.Lgs. n. 74, art. 3, contestato con riferimento alla dichiarazione fraudolenta presentata dalla società mentre l’indagato era amministratore delegato, nella parte relativa all’indicazione IVA di elementi attivi non imponibili, derivanti dalla vendita di autoveicoli, con evasione di imposta.

Nello specifico la società acquistava dalle case produttrici veicoli che, dopo avere utilizzato per il noleggio a breve termine, o rivendeva a terzi o restituiva alle medesime case produttrici, e riceveva da queste, nel caso di rivendita a terzi “bonus” in denaro.

Gli elementi attivi indicati nella dichiarazione dell’anno seguente come non imponibili, perché riferito a vendite ed operatori dichiaratisi esportatori abituali, e quindi operanti in regime di sospensione IVA, erano invece da ritenere soggetti a tale imposta.

Il ricorrente nell’adire la Corte di Cassazione contesta l’ordinanza impugnata per non aver evidenziato elementi idonei a far ravvisare la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato in capo al ricorrente.

Il fatto descritto in contestazione è sussumibile nella fattispecie prevista dall’art. 2 e non in quella contemplata dal D.Lgs. n. 74 del 2000 art. 3, in quanto lo stesso di fonda sull’utilizzo di fatture soggettivamente inesistenti a supporto di dichiarazioni fiscali.

Con la sentenza di Cassazione n. 38185 del 2017 si è chiarito che:

“la condotta di emissione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti non è assorbita in quella di compimento di operazioni simulate soggettivamente, in quanto in base alla immutata definizione contenuta nella lett. a) del D.Lgs.n. 74 del 2000, stesso art. 1, sono fatture per operazioni inesistenti anche quelle che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi, e che, quindi, il discrimine tra i reati previsti, rispettivamente, dal D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 2 e 3, non è dato dalla natura dell’operazione, ma dal modo in cui essa è documentata”.

Inoltre, secondo costante orientamento giurisprudenziale il delitto ex art. 2 del D.Lgs. n. 74 del 2000 è configurabile a titolo di dolo eventuale, ravvisabile nell’accettazione del rischio che l’azione di presentazione della dichiarazione, comprensiva anche di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, possa comportare l’evasione delle imposte dirette o dell’iva.

Il difetto dell’elemento psicologico del reato è si rilevabile, ma solamente se tale circostanza è di immediata evidenza.

Quindi nel caso di specie i giudici di legittimità hanno correttamente considerato configurabile a carico dell’indagato il dolo eventuale dell’illecito sull’assunto della nomina del medesimo ad amministratore delegato molti mesi prima della presentazione della dichiarazione fiscale mendace.

Dott.ssa Benedetta Cacace