SUL RIFIUTO DEL GESTORE DI FORNIRE I TABULATI TELEFONICI AL PROPRIO CLIENTE


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Informativa sulla Privacy

Può il gestore telefonico rifiutarsi di fornire al proprio cliente i tabulati telefonici dai quali si dimostra in modo chiaro le continue telefonate disturbatrici ricevute alla propria utenza, quando questi deve depositare una querela per stalking?

La questione non è di poco conto e come si può facilmente intuire, tali dati, sono essenziali per poter dimostrare che i fatti sono realmente accaduti e che vi è una ripetizione ossessiva dei comportamenti da parte della persona resasi rea.

Il gestore, per altro, adduce che nella comunicazione che i tabulati non sono stati forniti in forza del nuovo decreto legislativo numero 101 del 10 agosto 2018 (riformante il codice in materia di protezione dei dati personali), il quale non consente più l’invio della documentazione.

Il suddetto decreto è venuto in essere in seguito all’entrata in vigore nel maggio 2018 del Regolamento UE  numero 2016/679 riguardante di trattamento dei dati personali.

La c.d. “data retention” disciplinata in Italia nel Codice della privacy all’articolo 132 subisce dunque delle notevoli modifiche e chiarisce esplicitamente:

  1. quanto tempo debbono essere conservati i dati di traffico con l’obiettivo ultimo il controllo nell’eventuale commissione i reati: tende a dilatare i termini precedentemente previsti per la conservazione dei dati, infatti in prima dell’emozione del decreto legislativo era previsto un termine di 24 mesi per il traffico telefonico.

 

  1. l’oggetto della ricerca: i riformulati comma 3 e 5 dell’art. 132 del codice della privacy prendono in esame anche i data relativi alle chiamate in arrivo: la normativa ha subito un cambiamento radicale infatti la richiesta di accesso ai tabulati in chiaro “può essere effettuata solo quando possa derivare un pregiudizio effettivo.

I tabulati, come sopra riportato, costituiscono un mezzo di ricerca della prova di grande impiego soprattutto nelle indagini preliminari poiché indispensabili nel consentire di rivolgere una ricerca approfondita anche nel passato tanto che sentenze recenti, come la n.31994/2019, della Suprema Corte ne giustificano perfettamente l’uso.

La richiesta, dunque, è accettata solo nel momento in cui tale pregiudizio sia concreto al fine di porre in essere le indagini difensive, altrimenti è necessario che vi sia l’emissione di un decreto motivato a seguito dell’istanza formulata del difensore in procura.

Dott.ssa Sarah Longo

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