IL SOCIO ACCOMANDANTE DI UNA S.A.S. RISPONDE DEGLI UTILI EXTRA BILANCIO?
Il socio accomandante di una s.a.s. deve pagare l’Irpef per gli utili extra bilancio, anche se questi non sono stati da lui realmente percepiti?
Facciamo una premessa:
È socio accomandante colui che, in una società in accomandita semplice (s.a.s.) ha una responsabilità limitata alla quota conferita per le obbligazioni sociali; invece è socio accomandatario colui che in una società in accomandita semplice risponde solidalmente e illimitatamente per le obbligazioni sociali, in quanto si occupa della gestione amministrativa della società.
L’articolo 2320 del codice civile dispone che:
“I soci accomandanti non possono compiere atti di amministrazione, né trattare o concludere affari in nome della società, se non in forza di procura speciale per singoli affari.
Il socio accomandante che contravviene a tale divieto assume responsabilità illimitata e solidale verso terzi per tutte le obbligazioni sociali e può essere escluso a norma dell’articolo 2286.
I soci accomandanti possono tuttavia prestare la loro opera sotto la direzione degli amministratori e, se l’atto costitutivo lo consente, dare autorizzazioni e pareri per determinate operazioni e compiere atti di ispezione e di sorveglianza.
In ogni caso essi hanno diritto di avere comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite, e di controllarne l’esattezza, consultando i libri e gli altri documenti della società”.
V. anche
Vi sono orientamenti contrastanti in merito alla responsabilità del socio accomandante per gli utili extra:
Il primo, sostenuto dalla Corte di Cassazione, sezione V tributaria, con la sentenza n. 23359 del 30 ottobre 2006 dispone che:
“In tema IRPEF, la presunzione legale posta, in virtù della quale i redditi delle società di persone sono imputati pro quota ad ogni socio indipendentemente dall’effettiva percezione, opera anche in caso di accertamento a carico della società di utili non iscritti a bilancio. Infatti il socio non solamente è in grado di conoscere i rilievi e gli accertamenti fiscali condotti nei confronti della società, avendo diritto alla comunicazione annuale del bilancio e del conto dei profitti e delle perdite ed alla consultazione dei libri e degli altri documenti della società, ma il reddito di partecipazione costituisce un suo reddito personale, indipendentemente dalla mancata contabilizzazione dei ricavi e dei metodi adoperati dalla società per realizzarli, e fermo restando il diritto di agire nei confronti della società, in sede civile ordinari, per recuperare la quota di utili a lui spettante, nonché l’esclusione della sua responsabilità per sanzioni, qualora sia dimostrata la sua bona fede”.
Anche una più recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 11989 del 10 giugno 2015) è concorde con quanto sopra detto.
Il secondo orientamento invece sostiene che al socio accomandante non possono essere attribuiti automaticamente pro quota gli utili extra.
In particolare la CTR di Roma, con la sentenza n. 5107/2015, è tornata ad analizzare la questione della presunzione di distribuzione ai soci dei maggiori utili imputati alla società in sede di accertamento.
Nel caso di specie, si riscontra che:
- L’accertamento è stato emesso rispetto a quelli elevati nei confronti della s.a.s., della quale il contribuente era socio accomandante;
- Il diritto di controllo dei soci accomandanti è limitato alla contabilità sociale;
- Tale diritto non si estende al controllo continuo della gestione sociale, riconosciuto normalmente ai soci di società di persone che non partecipano all’amministrazione ex art. 2261 c.c. e che si esplica nel diritto dei soci di essere informati circa lo svolgimento degli affari sociali.
Pertanto, l’ufficio per rendere legittima la sua pretesa avrebbe dovuto:
- Provare un’assunzione da parte del socio accomandante di un ruolo di amministrazione e gestione accertando di volta in volta la posizione in concreto assunta da detto socio;
- Rammentare che, in conseguenza di tali atti di gestione, il socio avrebbe assunto la responsabilità illimitata per le obbligazioni sociale, ex art. 2320 c.c., contravvenendo al divieto di compiere atti di amministrazione;
- Tali atti dovrebbero però avere una influenza decisiva sull’amministrazione della società.
Di conseguenza, si deve giungere all’affermazione che gli utili extra bilancio, accertati in capo ad una s.a.s., non possono essere attribuiti in maniera automatica (pro-quota) al socio accomandante.
Infatti, quest’ultimo:
- È per natura giuridica del rapporto, strutturalmente escluso dalla gestione;
- Necessita di una motivazione specifica che giustifichi l’attribuzione a quest’ultimo dei maggiori redditi accertati alla società;
- Necessita, inoltre la notifica di tutti gli atti della verifica fiscale, dal processo verbale all’avviso di accertamento.
La società in accomandita semplice, per sua natura e struttura giuridica, contempla l’esclusione del socio accomandante dalla gestione dell’attività, con il solo diritto a ricevere comunicazione annuale del bilancio e del contro dei profitti e delle perdite al fine di effettuare gli opportuni controlli.
Considerando che gli utili extra bilancio, vengono eventualmente a manifestarsi in un momento della vita societaria parallelo ne deriva che il socio accomandante è strutturalmente e per natura estraneo allo stesso.
Quanto detto vale salvo che l’Agenzia riesca a provare il contrario, pertanto l’accertamento al socio deve contenere una motivazione autonoma e completa che:
- Avvalori il coinvolgimento dell’accomandante nei datti intimi societari;
- Supporti la presunzione di percezione degli utili extra.