SINISTRI STRADALI CAUSATI DA MANCANZA DI ADEGUATA SEGNALETICA DI PERICOLO: L’ENTE GESTORE RISARCISCE?

Sinistro stradale avvenuto in autostrada per mancanza di segnaletica: quando e su quale base è possibile chiedere il risarcimento dei danni subiti al gestore?

Tribunale di Roma, sez. XII, sentenza n. 15.3.2018

Con atto di citazione, l’attrice conveniva in giudizio l’Ente gestore della strada sulla quale la stessa viaggiava, per sentirlo condannare al risarcimento del danno per il sinistro occorsole lamentando, in particolare, la repentina perdita di aderenza stradale dovuta alla presenza di acqua mista a fango sulla sede viaria a causa di precipitazioni metereologiche in corso, non visibile ed imprevedibile e, la mancanza di segnaletica di pericolo.

Il giudice di primo grado rigettava la domanda dell’attrice, compensando, tra l’altro, le spese di causa e di ctu fra le parti, dovendo il sinistro ascriversi non già a carenze strutturali di manutenzione della strada, ma alla condotta imprudente della stessa attrice che non ha regolato la velocità del veicolo in relazione alle condizioni ambientali e dei luoghi.

Come più sopra accennato, trattasi di una materia che solo negli ultimi tempi ha avuto un deciso assestamento a seguito di un profondo “revirement giurisprudenziale” della Corte di Cassazione ed immediatamente consolidatosi.

E’ stata, infatti, ormai abbandonata la tradizionale ricostruzione di favore per la P.A., legata all’individuazione della responsabilità nel solo caso della teorica insidia-trabocchetto riferita alla responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c., essendo invece ora disciplinata la materia con il richiamo alla responsabilità custodiale ex art. 2051 c.c.. Più in generale si è osservato che, l’assoggettamento della P.A. alle regole di diritto privato e la considerazione della stessa su un piano di parità con gli altri soggetti quando agisce iure privatorum nell’ambito dei comuni rapporti della vita di relazione, risponde ad una esigenza pienamente avvertita dalla coscienza sociale ed è un riflesso di una crescita e di una progressiva maturazione della concezione dei rapporti intersoggettivi tra privato e P.A.

Vedi anche

Più nello specifico, preliminarmente, occorre precisare che Custode, è colui che ha il potere di vigilanza e di controllo sulla cosa e, tale potere può essere di diritto ma anche solo di fatto.

Il fondamento della responsabilità per danno da cose in custodia riposa, infatti, nella violazione dei doveri di sorveglianza, che incombe in capo a chi ne ha la disponibilità imponendogli di adottare tutte le misure idonee ad evitare che le stesse possano arrecare danno a terzi, esercitando il relativo controllo ed intraprendendo tutte le iniziative necessarie a mantenere la cosa in grado di non nuocere ai terzi nell’ambito della sua funzionalità, a prescindere dalla sua natura intrinsecamente pericolosa o dannosa.

In materia di strade, quando la “res” (cosa) appartiene alla P.A. (sia essa Stato, Provincia o Comune), essa è gravata da obblighi di manutenzione e controllo. Quale custode, la responsabilità risulta a suo carico peraltro configurata come responsabilità meramente presunta, vincibile con la prova del fortuito. In relazione a situazioni di pericolo immanentemente connesse alla struttura o alle pertinenze del bene demaniale o patrimoniale, la prova del fortuito attiene alla dimostrazione dell’espletamento da parte del custode dell’attività di vigilanza, controllo e manutenzione dovuta in relazione alla natura della cosa. Mentre ove tali situazioni possano originarsi da comportamenti degli utenti o da una repentina o imprevedibile alterazione dello stato della cosa, la prova del fortuito da parte del custode si sostanzia nella dimostrazione che il danno è dovuto ad un evento non prevedibile nè superabile con l’adeguata diligenza e, di quanto il medesimo avrebbe dovuto fare ed ha fatto per evitare il danno (v. Cass., 1 ottobre 2004, n. 19653; Cass., n. 298 del 2003; Cass. n. 488 del 2003).

Potrebbe interessarTi

sinistro stradale
Hai subito un sinistro stradale? Hai bisogno di assistenza? Contattaci!

Ai sensi dell’art. 14 C.d.S., allo scopo di garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione, si attribuisce specificamente agli enti proprietari delle strade il compito di provvedere:

  1. a) alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo, nonchè delle attrezzature, impianti e servizi;
  2. b) al controllo tecnico dell’efficienza delle strade e relative pertinenze;
  3. c) alla apposizione e manutenzione della segnaletica prescritta.

Sul piano della ripartizione dell’onus probandi grava sull’amministrazione l’onere di provare le circostanze idonee ad escludere la responsabilità ai sensi dell’art. 2051 c.c. (e quindi il caso fortuito), mentre il danneggiato deve solo provare il rapporto di custodia, la lesione e la sua derivazione causale dalla situazione del bene (Cass. n. 19653/2004).  Tale prova del nesso causale va peraltro ritenuta assolta con la dimostrazione che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta o assunta dalla cosa, in ragione di un processo in atto o di una situazione determinatasi, ancorché provocati da elementi esterni, mentre non è invece richiesta anche la prova dell’intrinseca dannosità o pericolosità della cosa medesima. Tutte le cose, anche quelle normalmente innocue, sono infatti suscettibili di assumere ed esprimere potenzialità dannose, e ciò o per un loro dinamismo intrinseco, o per l’insorgenza esterna di agenti dannosi.

Quindi, per le autostrade, per loro natura destinate alla percorrenza veloce in condizioni di sicurezza, l’apprezzamento relativo alla effettiva possibilità del controllo alla stregua degli indicati parametri, non può che indurre a conclusioni in via generale affermative, e dunque a ravvisare la configurabilità di un rapporto di custodia per gli effetti di cui all’art. 2051 c.c. (cfr. Cass. n. 4495/2011, Cass. n. 8377/2009, Cass. n. 12449/2008, Cass. n. 7763/2007, Cass. n. 2308/2007).

Ai fini del giudizio sulla possibilità di custodia,

“le peculiarità vanno individuate non solo e non tanto nell’estensione territoriale del bene e nelle concrete possibilità di vigilanza su di esso e sul comportamento degli utenti, quanto piuttosto nella natura e nella tipologia delle cause che abbiano provocato il danno: a seconda che esse siano intrinseche alla struttura del bene, sì da costituire fattori di rischio conosciuti o conoscibili a priori dal custode (quali, in materia di strade, l’usura o il dissesto del fondo stradale, la presenza di buche, la segnaletica contraddittoria o ingannevole, ecc.), o che si tratti invece di situazioni di pericolo estemporaneamente create da terzi, non conoscibili né eliminabili con immediatezza, neppure con la più diligente attività di manutenzione (perdita d’olio ad opera del veicolo di passaggio; abbandono di vetri rotti, ferri arrugginiti, rifiuti tossici od altri agenti offensivi). Nel primo caso è agevole individuare la responsabilità ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., essendo il custode sicuramente obbligato a controllare lo stato della cosa e a mantenerla in condizioni ottimali di efficienza. Nel secondo caso l’emergere dell’agente dannoso può considerarsi fortuito, quanto meno finché non sia trascorso il tempo ragionevolmente sufficiente perché l’ente gestore acquisisca conoscenza del pericolo venutosi a creare e possa intervenire ad eliminarlo”.

Vedi anche

Per concludere, quindi, ove non sia applicabile la disciplina della responsabilità ex art. 2051 c.c., per l’impossibilità in concreto dell’effettiva custodia del bene demaniale, l’ente pubblico risponde dei danni da detti beni, subiti dall’utente, secondo la regola generale dettata dall’art. 2043 c.c., che non prevede alcuna limitazione della responsabilità dell’amministrazione per comportamento colposo alle sole ipotesi di insidia o trabocchetto; in questo caso graverà sul danneggiato l’onere della prova dell’anomalia del bene demaniale della strada, fatto di per sé idoneo in linea di principio a configurare il comportamento colposo della P.A., sulla quale ricade invece l’onere della prova dei fatti impeditivi della propria responsabilità, quali ad esempio la possibilità in cui l’utente si sia trovato di percepire o prevedere con l’ordinaria diligenza la suddetta anomalia.

Avv. Alessandra di Raimondo


VUOI RIMANERE SEMPRE AGGIORNATO? ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER