SE L’EX MOGLIE NON HA DIRITTO AL MANTENIMENTO PUÒ CHIEDERE LA REVERSIBILITÀ?

In tema di pensione di reversibilità per l’ex coniuge, l’articolo 22 della Legge n. 903 del 21 luglio 1965 non richiede quale requisito al fine di ottenere detta pensione la vivenza a carico, al momento del decesso del coniuge, e lo stato di bisogno, ma richiede solamente l’esistenza del rapporto coniugale con il coniuge defunto pensionato o assicurato.

Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza n. 07464 del 2019

Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva confermato la statuizione del Tribunale con cui aveva rigettato la domanda attorea volta ad ottenere la pensione di reversibilità quale coniuge separato senza diritto agli alimenti.

Secondo i giudici, dato che l’attrice non fruiva di erogazione di alimenti in capo all’ex marito in suo favore, non poteva rivendicare in seguito alla sua morte l’attivazione di un trattamento previdenziale a suo favore, dato che la pensione di reversibilità non è solamente la prosecuzione in favore a terzi del pregresso diritto alla pensione dell’avente titolo, ma è la prosecuzione in favore di terzi aventi diritto.

Nell’adire la Corte di Cassazione la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 22 della L. n. 903 del 21 luglio 1965, dell’art. 24 della l. n. 153 del 1969, in relazione agli articoli 3, 38 e 29 della Costituzione, in quanto secondo costante orientamento giurisprudenziale, la pensione di reversibilità deve essere riconosciuta non soltanto al coniuge in favore del quale il coniuge deceduto era tenuto a corrispondere un assegno di mantenimento, ma dopo l’emanazione della sentenza n. 286 del 1987 della Corte Costituzionale anche al coniuge separato per colpa o con addebito.

Gli Ermellini intervenuti per chiarire se l’ex moglie separata, senza il riconoscimento dell’assegno di mantenimento, abbia o meno diritto alla pensione di reversibilità una volta deceduto l’ex coniuge ha dichiarato fondato il ricorso, ribadendo che come già più volte chiarito:

“a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 286 del 1987, la quale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 24 e della L. 18 agosto 1962, n. 1357 art. 23, comma 4 nella parte in cui escludono dalla erogazione della pensione di reversibilità il coniuge separato per colpa con sentenza passata in giudicato, tale pensione va riconosciuta al coniuge separato per colpa o con addebito, equiparato sotto ogni profilo al coniuge superstite e in favore del quale opera la presunzione legale di vivenza a carico del lavoratore al momento della morte”.

In seguito alla riforma dell’istituto della separazione personale, introdotto dal novellato articolo 151 del codice civile e la sentenza della Corte Costituzionale non è più giustificabile il diniego, al coniuge cui fosse stata addebitata la separazione, di una tutela che assicuri la continuità dei mezzi di sostentamento che il coniuge deceduto sarebbe stato tenuto a fornirgli.

Pertanto si deve applicare la l’articolo 22 della l. n. 903 del 21 luglio 1965 che non richiede quale requisito al fine di ottenere la pensione di reversibilità, la vivenza a carico al momento del decesso del coniuge e lo stato di bisogno, ma richiede solamente l’esistenza del rapporto coniugale con il coniuge defunto pensionato o assicurato.

La ratio dell’istituto è quello di porre il coniuge superstite al riparo dall’eventualità dello stato di bisogno, senza che tale condizione divenga concreto presupposto e condizione della tutela medesima.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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