RESPONSABILITÀ MEDICA: IMPIANTO DI VALVOLE DIFETTOSE

Responsabilità medica: l’equipe risponde per l’impianto di valvole difettose

Corte di Cassazione, terza sezione civile, sentenza n. 31966 del 2018

La Corte di Cassazione, con la sentenza in oggetto è tornata nuovamente a pronunciarsi sulla responsabilità medica dell’equipe, statuendo che questa risponde per l’impianto di valvole difettose.

Nel caso di specie, l’attrice dopo essersi sottoposta ad un intervento di sostituzione di due valvole cardiache aveva riscontrato diverse complicanze che la avevano portata per diversi anni a subire numerosi ricoveri ed interventi correttivi.

Per tale motivo ella, insieme ad i suoi stretti congiunti, aveva convenuto in giudizio l’Azienda Ospedaliera ed i medici dell’equipe che la seguiva, al fine di sentirli condannare al risarcimento del danno biologico, del danno morale ed esistenziale nonché alle spese mediche sostenute.

Il Tribunale rigettò le domande attoree mentre la Corte d’Appello in riforma della sentenza impugnata condannò l’Azienda Ospedaliera a pagare una somma di danaro nei confronti della donna a titolo di risarcimento del danno biologico permanente e compensò le spese di lite.

Il giudice di secondo grado aveva riformulato la sentenza impugnata, condannando l’equipe e l’Azienda Ospedaliera a fronte di quanto emerso dalla CTU, ossia che la difettosità della valvole, dovuta a problemi di lavorazione ebbe un ruolo concausale sulla necessità di esecuzione di un intervento chirurgico sostitutivo. Inoltre il chirurgo avrebbe dovuto prestare le necessarie verifiche al fine di assicurarsi di impiantare una protesi valida, soprattutto essendo emerso il dubbio che fosse a conoscenza che le protesi adottate non erano tra le migliori in commercio.

Gli Ermellini, intervenuti sulla questione hanno ritenuto che i giudici di secondo grado, nel ritenere il medico a capo dell’equipe responsabile solo per il primo intervento e non per i seguenti, avessero fatto malgoverno dei principi che regolano gli oneri probatori in materia di responsabilità sanitaria.

Infatti, i ricorrenti avevano provato l’impianto della valvola difettosa tale da comportare di per sé, in assenza di fattori alternativi “più probabili”, la presunzione della derivazione dei seguenti interventi e ricoveri, quindi era in capo ai convenuti l’onere di fornire una prova idonea a superare tale presunzione secondo il principio ex art. 2697, secondo comma, c.c.

Il paziente ha l’onere di provare la relazione causale che intercorre tra l’evento di danno e l’azione o l’omissione, mentre la controparte, deve dimostrare il sopravvenire di un evento imprevedibile ed inevitabile secondo l’ordinaria diligenza.

Nel caso in oggetto i convenuti dovevano dimostrare il verificarsi di una causa imprevedibile ed evitabile che aveva reso necessari gli ulteriori interventi.

I ricorrenti lamentano che fosse stata esclusa la responsabilità del chirurgo in quanto

“pur facendo parte dell’equipe chirurgica, non è dimostrato che avesse consapevolezza della provenienza e delle irregolarità dell’acquisto delle valvole, di talché poteva ragionevolmente confidare nell’idoneità della valvola impiantata”.

Il motivo è fondato, in quanto la Corte d’Appello aveva fatto malgoverno del principio espresso nell’art. 1218 c.c., secondo il quale

“il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”.

Quindi, così come agli altri convenuti, il chirurgo e l’Azienda Ospedaliera erano stati ritenuti responsabili per mancato assolvimento dell’onere di provare di aver diligentemente adempiuto alle proprie obbligazioni, non incombendo sulla parte attrice l’onere di dimostrare che

“avesse consapevolezza della provenienza e dell’irregolarità dell’acquisto delle valvole, spettando al sanitario provare di aver esattamente adempiuto alla propria obbligazione, ovvero che l’inadempimento era stato determinato da causa a lui non imputabile”.

Secondo costante orientamento giurisprudenziale

“Dal professionista che faccia parte sia pure in posizione di minor rilievo di una equipe si pretende pur sempre una partecipazione all’intervento chirurgico non da mero spettatore ma consapevole e informata, in modo che egli possa dare il suo apporto professionale non solo in relazione alla materiale esecuzione della operazione, ma anche in riferimento al rispetto delle regole di diligenza e prudenza ed alla adozione delle particolari precauzioni imposte dalla condizione specifica del paziente che si sta per operare”.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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