NUOVE CONTESTAZIONI FISIOLOGICHE E PATTEGGIAMENTO

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 206 del 17 luglio 2017 ha stabilito che in caso di nuove contestazione fisiologiche, l’imputato può accedere al patteggiamento

La Corte Costituzionale, con la sentenza del 17 luglio 2017, n. 206 ha dichiarato che:

“Per il contrasto con gli artt. 24 secondo comma e 3 Cost., l’art. 516 c.p.p., va dichiarato costituzionalmente illegittimo, nella parte in cui non prevede la facoltà dell’imputato di richiedere al giudice del dibattimento l’applicazione della pena a norma dell’art. 444 c.p.p. relativamente al fatto diverso emerso nel corso dell’istruzione dibattimentale, che forma oggetto dello nuova contestazione”.

Ciò è quanto emerge dalla sentenza in oggetto, nel giudizio di legittimità costituzionale, secondo il quale anche quando vi sono delle modifiche fisiologiche dell’imputazione, l’imputato deve poter esercitare la facoltà di accesso ad uno dei riti alternativi al dibattimento.

Tale sentenza permette di fare il punto sui rapporti tra le modifiche dell’imputazione perché il fatto, alla fine dell’istruzione dibattimentale risulta differente da quello descritto nel decreto che dispone il giudizio, in quanto emerge un reato concorrente ex art. 12 lett. b) ovvero una circostanza aggravante con contemplati nel decreto in questione, e la tutela del diritto dell’imputato all’accesso si riti alternativi al dibattimento.

L’articolo 444 c.p.p. disciplina l’applicazione della pena su richiesta delle parti.

Il P.M. o l’imputato possono richiedere al Giudice l’applicazione di una sanzione sostitutiva o di una pena pecuniaria, diminuita fino ad 1/3, ovvero di una pena detentiva nel caso in cui questa tenuto conto delle circostanze e diminuita fino ad 1/3, non superi i 5 anni.

Proprio al fine di assolvere alla finalità deflattiva, il legislatore ha imposto dei tempi ristretti per l’accesso a tale rito, decorsi i quali il processo dovrebbe svolgersi secondo le cadenze del rito ordinario dibattimentale.

La richiesta di applicazione della pane su istanza congiunta può essere avanzata nella fase delle indagini preliminari ovvero a seguito dell’esercizio dell’azione penale. In tale ultimo caso, l’articolo 446 del codice di procedura penale impone che la richiesta sia proposta entro la presentazione delle conclusioni in udienza preliminare, ed eventualmente sino all’esito dell’integrazione istruttoria disposta dal Giudice.

Vi è il problema dell’esercizio di tale facoltà quando, superate le fasi processuali appena descritte, l’Ufficio del Pubblico Ministero abbia modificato l’imputazione, nelle ipotesi ex artt. 516 e 517 c.p.

Tali disposizioni, in base alla formulazione letterali si riferirebbero solamente alle ipotesi di modificazione dell’imputazione c.d. fisiologica, ossia quella nascente dalle risultanze istruttorie in dibattimento.

Inizialmente la Corte Costituzionale aveva ritenuto superabile lo sbarramento temporale per l’accetto ai riti speciali indipendentemente dal tipo di contestazioni nuove. Costante giurisprudenza costituzionale, oggi è conforme nel ritenere che:

“In questa ipotesi non può parlarsi di una libera assunzione da parte dell’imputato del rischio di una nuova contestazione nel dibattimento, dato che le sue determinazioni in ordine ai riti speciali erano state sviate da una condotta processuale anomale del p.m. […]. Le valutazioni dell’imputato circa la convenienza del rito alternativo dipendono, anzitutto, dalla concreta impostazione data al processo dal p.m., cosicché, quando, in presenza di una evenienza patologica del procedimento, quale è quella derivante dall’errore sulla individuazione del fatto e del titolo di reato in cui è incorso il p.m., l’imputazione subisce una variazione sostanziale, risulta lesivo del diritto di difesa precludere all’imputato l’accesso ai riti speciali”.

In riferimento alle contestazioni c.d. fisiologiche, la Corte Costituzionale, per molto tempo ha ritenuto di non poter prospettare a stessa soluzione, dato che:

“La preclusione all’ammissione di tali giudizi in caso di contestazione dibattimentale suppletiva non è affatto irragionevole. Si tratta, infatti, di una evenienza che non è infrequente in un sistema processuale imperniato sulla formazione della prova in dibattimento ed è ben prevedibile”, pertanto “il relativo rischio rientra naturalmente nel calcolo in base al quale l’imputato si determina a chiederli o meno, onde egli non ha che da addebitare a sé medesimo le conseguenze della propria scelta”.

Recentemente l’impostazione in oggetto è stata superata. Con le sent. n. 237/2012 e n. 273/2014 è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale degli art. 517 e 516 c.p.p., nella parte in cui non permettono all’imputato di chiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato per il reato concorrente il primo e per il fatto differente, emersi nel coro dell’istruttoria dibattimentale.

I Giudici della Corte Costituzionale hanno rilevato come in ogni nuova contestazione:

“L’imputato che la subisce viene a trovarsi in posizione diversa e deteriore rispetto a chi, della stessa imputazione, fosse stato chiamato a rispondere sin dall’inizio”.

Infatti:

“condizione primaria per l’esercizio del diritto di difesa è che l’imputato abbia ben chiari i termini dell’accusa mossa nei suoi confronti”.

Il Collegio ha sottolineato che nel caso in esame, il riconoscimento della facoltà di accesso al rito alternativo è ancora più imperioso in quanto, in caso di applicazione della pena su richiesta delle parti:

“La valutazione dell’imputato è indissolubilmente legata, ancor più che nel giudizio abbreviato, alla natura dell’addebito, trattandosi non solo di avviare una procedura che permette di definire il merito del processo al di fuori e prima del dibattimento, ma di determinare lo stesso contenuto della decisione, il che non può avvenire se non in riferimento a una ben individuata fattispecie penale”.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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