NULLITA’ DELLA VENDITA DEL FONDO PRIVO DEL CERTIFICATO DI DESTINAZIONE

La Corte di Cassazione ha precisato quali sono le formalità necessarie degli atti di trasferimento immobiliare

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23541, sez. I civile, dal 9/10/2017 ha stabilito la nullità assoluta, e quindi la possibilità per chiunque ne abbia interesse ad impugnare sia gli atti di trasferimento della proprietà di terreni privi del necessario certificato di destinazione urbanistica, sia gli atti di trasferimento di edifici privi dell’indicazione degli estremi della licenza o concessione a edificare.

La causa che ha condotto la Corte a pronunciarsi in tal senso ha inizio nel momento in cui l’attrice decide di convenire in giudizio gli eredi del suo debitore per ottenere la dichiarazione di nullità dell’atto di trasferimento con cui il defunto insolvente e sua moglie avevano alienato un terreno al proprio figlio, senza aver cura di indicare che il fondo in oggetto ricomprendeva anche un immobile, destinato ad abitazione e costruito in base ad una concessione edilizia del 15/04/1986.

V. anche

La Corte ha evidenziato che:

“Nel regime emergente dagli artt. 18, secondo comma, e 40 secondo comma della legge n. 47 del 1985, deve riconoscersi carattere assoluto, alla nullità di ogni atto di trasferimento senza l’allegazione, per i terreni del certificato di destinazione urbanistica, e per gli edifici, senza l’indicazione degli estremi della licenza o concessione ad aedificium ovvero, in mancanza, senza l’allegazione della domanda di sanatoria corredata dalla prova dell’avvenuto pagamento delle prime due rate dell’oblazione edilizia, poiché quel regime normativo, mirando a reprimere ed a scoraggiare gli abusi edilizi, non dà alcun rilievo allo stato di buona o mala fede dell’acquirente. Né, in senso contrario, può addursi la possibilità, prevista dal comma terzo dello stesso art. 40, di una successiva conferma degli atti viziati, mediante la redazione, anche ad opera di una sola delle parti, di altro atto avente la stessa forma, e contenente la menzione omessa o l’allegazione della dichiarazione o documentazione mancanti nel primo atto, poiché tale possibilità non integra una sanatoria in senso tecnico-giuridico, ma un semplice rimedio convalidante, consentito in dipendenza di carenze formali della precedente stipulazione e non in presenza dell’insussistenza, all’epoca di essa, dei requisiti sostanziali per la commerciabilità del bene”.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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