Non è reato vendere semi di cannabis

La vendita di semi di piante idonee a produrre stupefacente non configura reato.

Con la sentenza n. 8949/2017 la Suprema Corte di Cassazione interviene sul tema della vendita di semi volti alla coltivazione di piante dalle quali è possibile produrre sostanze psicotrope.

Secondo i Giudici di Piazza Cavour deve ritenersi impregiudicata la configurabilità del reato di cui all’art. 82 del DPR 309/1990[1], ovvero istigazione al consumo di sostanze stupefacenti, quando le modalità della condotta siano funzionali a indurre pubblicamente non solo la coltivazione di piante da cui ricavare lo stupefacente, ma anche l’utilizzo dei prodotti a efficacia drogante da queste ottenibili.

Diversamente, la semplice offerta in vendita di semi di piante dalle quali sia ricavabile una sostanza drogante non integra il reato richiamato in precedenza. Ciò nonostante, anche se accompagnata da precise indicazioni botaniche sulla coltivazione delle stesse.

Semmai potrà integrare il reato di istigazione alla coltivazione di piante di sostanze stupefacenti di cui all’art. 414 c.p., sempre che vi ricorrano i presupposti (vedi Cass. Sezioni Unite 18 ottobre 2012).

Detta istigazione viene, pertanto, parificata alla disposizione del codice sostanziale sopra richiamata.


Sul reato di istigazione analizzato dalla Corte.

Com’è noto, questa stabilisce che, chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o più reati è punito, per il solo fatto dell’istigazione:

> con la reclusione da uno a cinque anni, se trattasi di istigazione a commettere delitti;

> con la reclusione fino a un anno, ovvero con la multa fino a duecentosei euro, se trattasi di istigazione a commettere contravvenzioni.

Se si tratta d’istigazione a commettere uno o più delitti e una o più contravvenzioni, si applica la pena stabilita nel numero 1.

Alla pena stabilita nel numero 1 soggiace anche chi pubblicamente fa l’apologia di uno o più delitti. La pena prevista dal presente comma, nonché dal primo e dal secondo comma, è aumentata se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.


Il caso affrontato dai Giudici.

Gli Ermellini sono pervenuti a questa conclusione rispetto al caso di un commerciante soggetto passivo di un sequestro probatorio di semi e materiale. Tra questo materiale erano ricompresi opuscoli contenenti indicazioni sulla coltivazione delle piante da cui trarre sostanza psicotropa e numerosi strumenti utili per il consumo e il confezionamento dello stupefacente.

Ma, attese le conclusioni a cui è giunta la Corte di legittimità, non pare esservi dubbio sulla circostanza che non risultano sanzionabili i proprietari di negozi cosiddetti smart shop.

Avv. Jacopo Marchini


[1] Articolo 82 – Istigazione, proselitismo e induzione al reato di persona minore: “1. Chiunque pubblicamente istiga all’uso illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, ovvero svolge, anche in privato, attività di proselitismo per tale uso delle predette sostanze, ovvero induce una persona all’uso medesimo, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da lire due milioni a lire dieci milioni. 2. La pena è aumentata se il fatto è commesso nei confronti di persone di età minore ovvero all’interno o nelle adiacenze di scuole di ogni ordine e grado, di comunità giovanili o di caserme. La pena è altresì aumentata se il fatto è commesso all’interno di carceri, di ospedali o di servizi sociali e sanitari. 3. La pena è raddoppiata se i fatti sono commessi nei confronti di minore degli anni quattordici, di persona palesemente incapace o di persona affidata al colpevole per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia. 4. Se il fatto riguarda i medicinali di cui alla tabella II, sezione B, prevista dall’articolo 14 le pene disposte dai commi 1, 2 e 3 sono diminuite da un terzo alla metà.”