LEGITTIMA DIFESA – SULL’ALTERNATIVA TRA DIFENDERSI ED ALLONTANARSI

Niente legittima difesa se il pericolo non sussiste e si può scegliere di allontanarsi

Corte di Cassazione, quinta sezione penale, sentenza n. 28336 del 2019

Nel caso di specie il Tribunale di primo grado aveva confermato la sentenza emessa dal Giudice di pace che aveva dichiarato l’imputato responsabile del reato di lesioni personali ai danni dell’ex moglie. Dalla ricostruzione dei fatti era emerso che la donna aveva ostacolato l’imputato, strattonandolo e colpendolo con un pugno perché non voleva che questo prendesse con sè il figlio anche se ne aveva il pieno diritto essendo il suo giorno di visita.

Nel ricorrere in Cassazione l’uomo lamenta vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della legittima difesa, per non aver il Tribunale ritenuto che il suo gesto si era limitato ad un semplice respingimento della donna, nell’intento di proteggere il figlio.

Gli Ermellini, intervenuti sulla questione, hanno dichiarato inammissibile il ricorso, evidenziando come, secondo la ricostruzione dell’imputato, nel corso della contesa per il figlio, l’ex moglie lo aveva colpito alle spalle e lui aveva ricambiato il colpo, per reagire e proteggere il bambino; tuttavia secondo il Tribunale, tale colpo fortuito non poteva aver cagionato le lesioni diagnosticate alla donna, ossia un trauma contusivo alla spalla, al braccio e al gomito, affermando che non ricorresse alcuna situazione di legittima difesa, per la mancanza della necessità di difendersi, ben potendo allontanarsi senza reagire.

L’esclusione della causa di giustificazione invocata è conforme al costante orientamento giurisprudenziale, secondo cui:

“è configurabile l’esimente della legittima difesa solo qualora l’autore del fatto versi in una situazione di pericolo attuale per la propria incolumità fisica, tale da rendere necessitata e priva di alternative la sua reazione all’offesa mediante aggressione, mentre non è configurabile allorché, il soggetto non agisce nella convinzione, sia pure erronea, di dover reagire a solo scopo difensivo, ma per risentimento o ritorsione contro chi ritenga essere portatore di una qualsiasi offesa”.

Nel caso in esame anche  pur ammettendo che l’imputato fosse stato colpito dall’ex moglie alle spalle, non ricorreva alcuna situazione di pericolo per la propria incolumità fisica, tale da integrare la necessità di difendersi, ben potendo egli, nell’ambito di una banalissima lite tra ex coniugi, limitarsi ad andarsene.

Inoltre si deve specificare che:

“anche l’irritazione momentanea per gli ostacoli asseritamente frapposti dalla ex moglie all’esercizio del diritto di visita del figlio, che avrebbe determinato il colpo, non sarebbe elemento in grado di escludere la coscienza e volontà del fatto, trattandosi del mero movente dell’azione, della causa psichica della condotta umana, dello stimolo che ha indotto l’autore ad agire, facendo scattare la volontà”.

Il movente dell’azione, pur potendo contribuire all’accertamento del dolo, costituendo una potenziale circostanza inferenziale, non coincide con la coscienza e volontà del fatto, della quale può rappresentare il presupposto.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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