LA CORTE UE DICHIARA CHE E’ LECITO USARE PER PUBBLICITA’ LE FIGURE DI GESU’ E MARIA

I giudici della Corte di Strasburgo hanno legittimato l’uso delle figure religiose nella pubblicità di una azienda lituana di abbigliamento

Maria e Gesù possono essere utilizzati quali modelli per una pubblicità. Ciò è quanto si ricava dalla sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo che ha assolto gli spot di un’azienda lituana di abbigliamento che aveva usato le figure religiose per la réclame dei propri prodotti di abbigliamento.

Il caso origina nel 2012, quando le autorità lituana avevano comminato ad una società una sanzione pecuniaria per aver utilizzato Gesù e Maria per i propri spot pubblicitari, con claim del tipo: “Gesù, che jeans”, “Maria, che vestito”. La campagna pubblicitaria aveva provocato la reazione dell’opinione pubblica e dei locali rappresentanti ecclesiastici e la vicenda era giunta innanzi ai giudici. La società veniva pertanto multati per la violazione della morale pubblica.

Tuttavia, a Strasburgo la situazione cambia. Per i giudici, premettendo che le autorità nazionali hanno ampi margini di manovra su questioni simili e sull’utilizzo commerciale dei simboli religiosi, ritengono che la pubblicità in questione non era offensiva e non incitava all’odio.

Quindi, le autorità locali, avrebbero dovuto fornire ragioni sufficienti sul motivo della contrarietà alla morale pubblica. Cosa che non è avvenuta, nel caso in esame. La sanzione, non ha rappresentato un equo compromesso tra la protezione dei valori delle persone religiose e la libertà di espressione che andava garantita all’azienda lituana.

Immediate sono state le polemiche alla notizia della decisione di Strasburgo.

Twitta Maurizio Lupi:

“Invece di tutelare il sentimento religioso di interi popoli autorizzano il diritto di offendere miliari di credenti”.

Beatrice Lorenzin sostiene che la sentenza della Cedu:

“Consente di utilizzare l’immagine di Gesù e Maria per fare pubblicità è offensiva e lesiva del diritto fondamentale a tutela della libertà religiosa”.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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