LA CHIESA ANNULLA IL MATRIMONIO? NIENTE ASSEGNO ALLA MOGLIE SEPARATA

Nessun mantenimento alla moglie se la Chiesa annulla il matrimonio

Corte di Cassazione, prima sezione civile, sentenza n. 11553 del 2018

In seguito alla pronuncia di separazione a Caia viene attribuito un assegno di mantenimento dell’ammontare di 250 euro mensili; Tizio, in base all’art. 710 c.p.c. chiede la revoca del proprio obbligo di corresponsione, sostenendo che, dopo il passaggio in giudicato della sentenza di separazione, era intervenuta la delibera, da parte della corte d’appello, della decisione ecclesiastica che dichiarava nullo il matrimonio concordatario con Caia.

Se il Tribunale di Benevento aveva accolto la domanda dell’uomo, la Corte d’Appello è di tutt’altro avviso.

Secondo la Corte d’Appello, il giudice di primo grado aveva fatto

“un non corretto richiamo a quella giurisprudenza relativa al diverso caso di pronuncia di nullità sopravvenuta prima del passaggio in giudizio della sentenza di separazione o di divorzio”,

aveva sostenuto che

“il problema dei rapporti tra la deliberazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio e l’anteriore giudicato di cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario è stato affrontato dalla Corte di Cassazione in due occasioni ed in entrambi i casi la Corte regolatrice è giunta alla conclusione che, una volta formatosi il giudicato sulla sentenza che attribuisce il diritto all’assegno divorzile, il sopravvenire della dichiarazione di nullità del matrimonio non può determinare il venir meno del diritto alla percezione dell’assegno”.

Il ricorso deve essere accolto, in quanto pone all’attenzione degli Ermellini il problema inerente la sorte da attribuire alle statuizioni economiche e patrimoniali contenute nella pronuncia di separazione personale; in particolare all’assegno riconosciuto ad uno degli ex coniugi nel caso in cui sopraggiunga il provvedimento che attribuisce efficacia civile alla sentenza ecclesiastica di nullità del vincolo.

L’obbligo di pagare l’assegno di mantenimento permane anche dopo la dichiarazione di invalidità originaria del matrimonio?

Vediamo quanto deciso dalla Corte di Cassazione

Secondo la Corte partenopea, l’attribuzione di efficacia civile alla sentenza ecclesiastica di invalidità del vincolo matrimoniale, occorsa in seguito alla pronuncia di separazione, non incide sulle statuizioni economiche accessorie al provvedimento di separazione sulle quale si sia già formato il giudicato.

Tuttavia, quanto appena affermato non merita di essere condiviso, dato che l’equiparazione così realizzata, tra gli effetti della sopravvenuta deliberazione sul giudicato riguardante le statuizioni economiche adottate durante l’ambito di un giudizio avente ad oggetto la cessazione degli effetti civili del matrimonio e su quello afferente le statuizioni economiche accessorie al provvedimento di separazione non tiene conto della diversità del contributo in favore del coniuge separato dall’assegno divorzile, sia perché fondati su presupposti ben distinti, sia perché disciplinati in maniera autonoma.

La separazione presuppone la permanenza del vincolo coniugale, pertanto il dovere di assistenza materiale conserva la sua efficacia dato che rappresenta uno dei cardini fondamentali del matrimonio, e non presenta nessun aspetto di incompatibilità con la situazione, in ipotesi anche solo transitoria di separazione.

Secondo gli Ermellini, solamente il passaggio in giudicato della sentenza di divorzio fa venir meno il vincolo matrimoniale e lo stato di separati, che rappresenta il presupposto dell’obbligo di mantenimento della moglie, il quale contestualmente cessa ed eventualmente viene sostituito da quello di corrispondere l’assegno divorzile.

Il vincolo coniugale cessa anche quando venga resa efficace la sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio concordatario. Ne consegue che

“a fronte del travolgimento del presupposto dell’assegno di mantenimento conseguente alla sopravvenienza della dichiarazione ecclesiastica di nullità originaria di quel vincolo, non possono resistere le statuizioni economiche, relative al rapporto tra i coniugi, contenute nella sentenza di loro separazione, apparendo irragionevole che possano sopravvenire pronunce accessorie al venir meno della pronuncia principale dalla quale queste dipendono”.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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