LA BANCA HA SEMPRE L’OBBLIGO DI ESIBIRE LA DOCUMENTAZIONE RICHIESTA


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Il titolare di un rapporto di conto corrente ha sempre diritto di ottenere dalla Banca il rendiconto ai sensi dell’art. 119 TUB anche in sede giudiziaria, fornendo la sola prova dell’esistenza del rapporto contrattuale, non potendosi ritenere corretta una diversa soluzione sul fondamento del disposto di cui all’art. 210 c.p.c.

Corte di Cassazione, sesta sezione civile, ordinanza n. 27769 del 2019

Il Tribunale di primo grado aveva accolto la domanda attorea, presentata al fine di ottenere la declaratoria di nullità di alcune clausole riguardanti i rapporti intrattenuti con la Banca, con connessa condanna alla restituzione di quanto indebitamente percepito.

Nell’adire la Corte d’Appello, l’istituto di credito, aveva assunto la violazione e falsa applicazione dell’art. 210 c.p.c., per avere il Tribunale disposto l’esibizione di documenti che il ricorrente avrebbe potuto procurarsi tempestivamente e subba base di una richiesta generica.

la Corte territoriale aveva respinto l’impugnazione, rilevando che con riferimento alla doglianza relativa alla norma dell’art. 210 c.p.c, l’attore

“aveva provveduto a inviare in apposita diffida, ai sensi dell’art. 119 TUB, alla consegna di copia del contratto regolante il contratto intercorrenti tra le parti e di tutti i relativi estratti”; che la circostanza che la richiesta fosse effettuata in prossimità della notifica dell’atto di citazione “non valeva a escludere l’obbligo della banca di fornire i documenti richiesti”; che la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5091 del 2016 aveva affermato il principio dell’ammissibilità di tale congiunta richiesta “anche nell’ipotesi in cui il correntista non produca il contratto nè l’integrale documentazione comprovante le condizioni applicategli, in quanto l’insufficienza di una documentazione rilevante non giustifica il diniego della consulenza contabile”.

infine,

“l’indicazione di tutti gli estratti conto non rendeva generica l’istanza, volta proprio all’acqisizione dei documenti necessari alla ricostruzione del rapporto, del quale era specificata la numerazione identificativa, nè comportava un aggravio a carico del destinatario di conservazione dei documenti, trattandosi di estratti infra decennio”.

Gli Ermellini, intervenuti sulla questione, hanno chiarito che, come sottolineato nella sentenza sopra richiamata

“il cliente ha il diritto di ottenere copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni”.

Secondo costante orientamento giurisprudenziale tale norma riconosce al cliente della banca

“il diritto di ottenere la documentazione inerente a tutte le operazioni del perioco a cui il richiedente sia in concreto interessato, nel rispetto del limite di tempo decennale fissato dalla norma, essendo sufficiente che l’interessato fornisca alla banca gli elementi minimi indispensabili per consentirle l’individuazione dei documenti richiesti”.

Pertanto, il correntista ha diritto a richiedere alla Banca sia la documentazione sia il rendiconto riguardanti il rapporto contrattuale la cui esistenza non sia controversa, visto che

“il procedimento di rendiconto di cui agli artt. 263 s. c.p.c. è fondato sul presupposto dell’esistenza dell’obbligo legale o negoziale di una delle parti di rendere il conto all’altra, facendo conoscere il risultato della propria attività”.

Nel caso di specie i giudici di merito avevano erroneamente respinto la richiesta di ordinare alla Banca l’esibizione della documentazione necessaria alla ricostruzione dei rapporti con gli attori.

La Corte di Cassazione inoltre, con la recente pronuncia n. 14231 del 2019 ha chiarito che

“nessuna inferenza interpretativa in chiave restrittiva legittimi il raffronto dell’art. 119, comma 4, TUB e l’art. 210 c.p.c. onde può conclusivamente convenirsi che il titolare di un rapporto di conto corrente ha sempre diritto di ottenere dalla Banca il rendiconto ai sensi dell’art. 119 TUB anche in sede giudiziaria, fornendo la sola prova dell’esistenza del rapporto contrattuale, non potendosi ritenere corretta una diversa soluzione sul fondamento del disposto di cui all’art. 210 c.p.c.”.

Dott.ssa Benedetta Cacace

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