Illegittima la penale per recedere da una scuola privata

Veniamo ora all’analisi di una fattispecie che ha visto coinvolto uno studente che frequentava una scuola privata.

Nel caso di specie l’alunno ha abbandonato gli studi per giustificato motivo e, in conseguenza all’applicazione del contratto regolante i rapporti interni tra studente e scuola, è stata ritenuta la caparra versata in occasione dell’iscrizione.

La Corte di Cassazione, con la sentenza 10910 del 5 maggio 2017, ha stabilito che una siffatta clausola è connotata da vessatorietà.

In primo luogo, si deve ritenere che la sanzione prevista per il recesso conforma certamente una penale così come disciplinata dall’art. 1382 c.c.[1]

Il ragionamento espresso dalla Corte fonda le sue radici sulla considerazione che una clausola come quella sopra descritta garantisce al professionista (in questo caso l’istituto scolastico privato) un trattamento privilegiato rispetto all’altra parte contrattuale.

Pertanto, risulta evidente il contrasto con quanto statuito dall’art. 33 del codice del consumo.

Nel contratto concluso tra il consumatore ed il professionista si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.

La norma, al suo secondo comma, prevede anche dei casi di presunzione di vessatorietà di particolari clausole. Nel caso che ci interessa, tra quelle tipizzate la legislatore, assumono particolare interesse quelle aventi ad oggetto:

A – Consentire al professionista di trattenere una somma di denaro versata dal consumatore se quest’ultimo non conclude il contratto o recede da esso.

La presente disposizione inerisce al caso in cui il consumatore sia limitato nell’azione volta alla ripetizione del doppio della somma corrisposta. In effetti, nel caso in esame, la scuola vanterebbe comunque la pretesa di incamerare l’intera somma versata dallo studente.

B – Imporre al consumatore, in caso di inadempimento o di ritardo nell’adempimento, il pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento, clausola penale o altro titolo equivalente d’importo manifestamente eccessivo

Anche questa ipotesi pare aderire alla fattispecie concreto che stiamo esaminando. Non rileva tanto, e solo, la legittimità stessa della clausola inserita nel contratto siglato dalle parti. Ciò che emerge dalla sentenza in esame è anche l’importo manifestamente eccessivo di quanto richiesto dalla scuola.

Le regole generali dettate dall’ordinamento volte a descrivere l’attività del professionista impongono che questo risponda unicamente nel caso di recesso colpevole. Ancor più evidente risulta, quindi, la vessatorietà della clausola azionata dall’istituto scolastico privato.

Ciò nonostante, precisano i Giudici, anche in assenza della qualificazione della sanzione come penale la clausola manterrebbe il carattere di “presuntivamente vessatoria”.

Avv. Jacopo Marchini


[1] Art. 1382 c.c.: “la clausola, con cui si conviene che, in caso d’inadempimento o di ritardo nell’adempimento, uno dei contraenti è tenuto a una determinata prestazione, ha l’effetto di limitare il risarcimento alla prestazione promessa, se non è stata convenuta la risarcibilità del danno ulteriore. La penale è dovuta indipendentemente dalla prova del danno”.