IL PITTORE MENTRE RIDIPENGE CASA CADE DALL’IMPALCATURA E MUORE: PROFILI DI RESPONSABILITÀ

Responsabilità del committente per la morte di un operaio

Corte di Cassazione, quarta sezione penale, sentenza n. 40922 del 2018

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano ritenuto l’imputata responsabile e quindi condannata ex art. 589 c.p., in quanto in qualità di committente del lavori di pitturazione degli esterni della villa di sua proprietà, assumendo la veste di datrice di lavoro, impartendo direttive e mettendo a disposizione attrezzature e materiali, non aveva proceduto alla valutazione dei rischi del cantiere.

Nello specifico, un operaio durante i lavori di tinteggiatura era precipitato in un’apertura, posta sulla pavimentazione esterna, che costituiva la luce di uno scantinato, coperta in quel momento solamente da un pannello in polistirolo, in quanto le tavole che la ricoprivano in precedenza erano state rimosse da un altro operaio al fine di chiudere un varco nel recinto, nel quale si trovava il cane della proprietaria della casa.

Quello che ora ci si chiede è se il comportamento del secondo operaio che ha tolto le assi dall’apertura, per sostituirle con del polistirolo sia idoneo a interrompere il nesso di causalità tra l’agire dell’imputata e l’evento.

In capo al committente grava il dovere di sicurezza in relazione all’esecuzione del contratto di appalto, pertanto, nel caso in questione la responsabilità dell’imputata deve essere individuata nella mancata predisposizione di un pianto di valutazione dei rischi; nella mancata vigilanza dello stato di fato esistente in cantiere e nella mancata informazione delle maestranze presenti sui luoghi.

Gli Ermellini, sottolineano che l’incidente occorso all’operaio non poteva essere ascritto alla sua inesperienza, né dall’esecuzione di mansioni richiedenti un elevato profilo di professionalità o capacità cognitive e tecniche, essendo invece ascrivibile ad un pericolo esistente in loco, non determinato dalle prestazioni richieste alla persona offesa, ma evitabile con l’esercizio della diligenza qualificata richiesta all’imputata in ragione dell’assunta committenza dei lavori.

Con il d.lgs n. 494/1996, viene definita la figura del committente, come colui che per conto del quale l’intera opera viene realizzata, indipendentemente da eventuali frazionamenti della sua realizzazione.

Secondo giurisprudenza recente,

“il dovere di sicurezza gravante sul datore di lavoro opera anche in relazione al committente, nel senso che dal committente non può esigersi un controllo pressante, continuo e capillare sull’organizzazione e sull’andamento dei lavori”.

Pertanto,

“[..] Ai fini della configurazione della responsabilità del committente, occorre verificare in concreto quale sia stata l’incidenza della sua condotta nell’eziologia dell’evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l’esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell’appaltatore o del prestatore d’opera, alla sua ingerenza nell’esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d’opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo”.

Il comportamento inopinato ed esorbitante idoneo ad interrompere il nesso eziologico tra la condotta dovuta ed omessa e l’evento, non può che avere quale riferimento la medesima norma precauzionale violata.

Quindi, pur dovendosi escludere che incomba sul committente un onere di vigilanza continua sullo svolgimento delle opere, deve affermarsi che lo stesso, in assenza della redazione di un documento di valutazione dei rischi o della nomina di un responsabile dei lavori, ha l’onere di mettere l’appaltatore nella condizione di operare in sicurezza.

Nel caso di specie, l’imputata avrebbe dovuto chiudere il lucernario in modo tale da non permettere all’operaio di rimuovere le travi e quindi la caduta della vittima.

Dott.ssa Benedetta Cacace


VUOI RIMANERE SEMPRE AGGIORNATO? ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER