IL CONIUGE ECONOMICAMENTE PIU’ DEBOLE E L’ASSEGNO DI MANTENIMENTO
SPETTA L’ASSEGNO DI MANTENIMENTO ALLA MOGLIE LAUREATA MA DA TANTO TEMPO LONTANA DAL MERCATO DEL LAVORO
In materia di separazione il coniuge economicamente più debole può richiedere un assegno di mantenimento che corrisponde ad una contribuzione periodica (o singola) di denaro con cadenza mensile.
La funzione dell’assegno di mantenimento è quella di sostenere il coniuge economicamente debole, laddove questi sia sprovvisto di redditi propri, ma ha anche scopo perequativo e cioè volto al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dal coniuge economicamente debole alla vita di famiglia.
Il coniuge economicamente “forte” può quindi essere obbligato alla corresponsione dell’assegno al coniuge beneficiario purché il coniuge beneficiario, non abbia subito l’addebito della separazione e non disponga di adeguati redditi propri, da valutarsi in relazione con la posizione economica dell’altro coniuge e considerando il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.
Quanto all’ammontare dell’assegno, il Giudice valuterà la durata del matrimonio; le potenzialità reddituali e l’età del coniuge richiedente.
Quanto alle potenzialità lavorative del coniuge richiedente, occorre valutare se quest’ultimo abbia la possibilità di trovare un impiego, considerata la sua qualifica professionale e il contesto in cui vive.
Sul punto, la recente ordinanza della Corte di Cassazione del 02/08/2022, n.23998, ha stabilito che il conseguimento di un titolo di studio non costituisce indice di effettiva capacità reddituale:
“Il conseguimento da parte della ex moglie della laurea in giurisprudenza, dopo la separazione – a fronte di un matrimonio durato oltre dieci anni – non costituisce indice di effettiva capacità reddituale”
In particolare, nella fattispecie in commento, la Suprema Corte respingeva il ricorso del marito che chiedeva che venisse accertato che nulla è dovuto alla ex moglie.
La Corte d’Appello, confermando la sentenza di prime cure aveva già evidenziato che la predetta non aveva mezzi adeguati al proprio sostentamento giacché, dopo la laurea in giurisprudenza, cui seguiva il matrimonio con il ricorrente, si era dedicata alla cura della parte amministrativa dello Studio dentistico del marito e alla cura della famiglia.
Se da una parte la signora dunque era ormai lontana dal mercato del lavoro da tanti anni ed era proprietaria di due unità immobiliare, di cui una improduttiva di reddito e l’altra destinata a sua abitazione, dall’altra il marito godeva di una situazione reddituale consistentemente superiore.
La Corte quindi confermava la decisione della Corte di Appello, ritenendo che la Magistratura avesse correttamente applicato i principi stabiliti dalle Sezioni Unite sent. n. 18278/2018,
“secondo la quale il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno.”
Giudicata dunque l’inammissibilità del ricorso, la Suprema Corte condannava il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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Cassazione civile sez. I 02.08.2022 (ud. 09.06.2022 dep. 02.08.2022) n.23998