FOTO DEI FIGLI SUI SOCIAL NETWORK: PUOI RISCHIARE UNA MULTA DI € 10.000

I rischi per il genitore che pubblica le foto dei figli sui social network

La pubblicazione di foto dei figli minorenni sui social network può comportare la rimozione delle immagini su ordine del giudice e il pagamento di una somma di denaro in favore dei figli.

È quanto stabilito dal Tribunale di Roma con ordinanza del 23 dicembre 2017, che ha condannato la madre a rimuovere i contenuti riguardanti il figlio sedicenne e al pagamento di euro diecimila al figlio e al marito nel caso di inottemperanza all’ordine di rimozione o al divieto di pubblicazione di successivi post (Tribunale di Roma, sez. I civile, ord. 23 dicembre 2017).

Nel caso di specie, il figlio lamentava l’esposizione sui social della propria storia familiare e delle controversie giudiziarie dei genitori, che lo avevano spinto a richiedere al giudice di proseguire gli studi negli Stati Uniti per potersi rifare una vita.

Si tratta di un provvedimento unico nel suo genere in Italia, il cui obiettivo è la tutela del minore.

Il principio giuridico alla base di tale condanna risiede nell’art. 96 della L. 633/1941 (legge sul diritto d’autore), secondo cui:

il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza il consenso di questa, salve le disposizioni dell’articolo seguente

il quale dispone

non occorre il consenso della persona ritrattata quando la riproduzione dell’immagine è giustificata dalla notorietà o dall’ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali, o quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico.

Il ritratto non può tuttavia essere esposto o messo in commercio, quando l’esposizione o messa in commercio rechi pregiudizio all’onore, alla reputazione od anche al decoro della persona ritrattata”.

Invero, la fotografia costituisce un dato personale e non può essere diffuso se non c’è l’autorizzazione dell’interessato.

Inoltre, i minori godono della tutela dell’articolo 16 della Convenzione sui diritti del fanciullo approvata a New York il 20 novembre 1989 e ratificata in Italia con la legge 176/1991.

Il Codice Civile, agli artt. 147 e 357, impone ai genitori un dovere di cura e di educazione nei confronti dei figli, che include anche la gestione dell’immagine pubblica del minore nell’interesse dello stesso.

Nel caso in cui i genitori disattendano detti doveri può intervenire il giudice, il cui obiettivo sarà la tutela del minore dal rischio di sovraesposizione sui social networks.

I precedenti giurisprudenziali

– nel 2013, il Tribunale di Livorno aveva prescritto la disattivazione di un profilo Facebook aperto a nome della figlia minore e l’eliminazione delle foto dal suo profilo (Tribunale di Livorno, sentenza del 17/01/2013).

– nel 2017, il Tribunale di Mantova, con sentenza del 19 settembre, ha ordinato alla madre di non inserire le foto dei figli e di rimuovere quelle già pubblicate:

l’inserimento di foto dei figli minori sui social network avvenuto con l’opposizione di uno dei genitori integra violazione della norma di cui all’art. 10 c.c. (concernente la tutela dell’immagine), del combinato disposto degli artt. 4,7,8 e 145 del d. lgs. 30 giugno 2003 n. 196 (riguardanti la tutela della riservatezza dei dati personali) nonché degli artt. 1 e 16 I co. della Convenzione di New York del 20-11-1989 ratificata dall’Italia con legge 27 maggio 991 n. 176, sicché va vietata la pubblicazione di tali immagini e disposta la rimozione di quelle già inserite”.

V. anche

Da ultimo va ricordato che la Corte di Cassazione, nel 2014, ha affermato che la piattaforma sociale Facebook va considerata luogo aperto al pubblico, luogo virtuale aperto all’accesso di chiunque utilizzi la rete (Cassazione Penale, Sez. I, sent. n. 37596/2014).

La previsione dell’astreinte

L’ordinanza in esame ha rafforzato la tutela del minore e l’attuazione dell’ordine in essa contenuta, attraverso la previsione di cui all’art. 614bis c.p.c., la c.d. astreinte, che consente di predeterminare una somma di denaro a titolo di condanna per ogni ipotesi di mancato adempimento all’obbligo di fare.

Con il provvedimento di condanna all’adempimento di obblighi diversi dal pagamento di somme di denaro il giudice, salvo che ciò sia manifestamente iniquo, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dall’obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento. Il provvedimento di condanna costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per ogni violazione o inosservanza. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano alle controversie di lavoro subordinato pubblico e privato e ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’articolo 409.

Il giudice determina l’ammontare della somma di cui al primo comma tenuto conto del valore della controversia, della natura della prestazione, del danno quantificato o prevedibile e di ogni altra circostanza utile”

Avv. Silvia Zazzarini


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