CONTAGIO DA TRASFUSIONE E RESPONSABILITÀ MEDICA

La Corte di Cassazione, terza sezione civile, con la sentenza n. 15867 del 2019 è intervenuta per chiarire che nel caso in cui la trasfusione sia indefettibile per il paziente, il sanitario non è responsabile del contagio

Nel caso di specie sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto le doglianze attoree che chiedevano di ottenere il risarcimento del danno patito dal loro congiunto in seguito ad una trasfusione effettuata durante un intervento chirurgico. Nello specifico il paziente, durante un’operazione al ginocchio stava rischiando la vita così i medici avevano deciso, senza ottenere il previo consenso né del danneggiato né dei suoi genitori, di effettuare una trasfusione di sangue per salvargli la vita. Diversi anni dopo da tale trasfusione ne era derivato il contagio da un virus e la degenerazione della patologia epatica in cirrosi.

La Corte d’Appello in base alle risultanze acquisite dalla CTU aveva ritenuto che la decisione di trasfondere quattro sacche di sangue doveva ritenersi corretta dal punto di vista diagnostico e terapeutico per le conoscenze mediche del tempo e in ogni caso, sempre in base alle suddette conoscenze mediche, il contagio da HVC subito dal paziente non sarebbe stato evitabile nemmeno usando l’ordinaria diligenza.

Secondo i giudici l’intervento sul paziente doveva essere immediato ed il contagio non era in alcun modo evitabile e costituiva, al momento in cui fu effettuata la trasfusione il male minore rispetto all’imminente pericolo di vita.

Anche per quanto concerne la violazione del diritto al consenso informato non poteva ritenersi che una volta informato il paziente o i suoi genitore dei rischi/benefici legati alla trasfusione questo avrebbe negato il proprio consenso.

Gli Ermellini, intervenuti sulla questione hanno dichiarato infondato il motivo di ricorso ritenendo che

“sulla base delle risultanze della CTU, nonostante la dimostrazione del nesso di causalità tra le trasfusioni ed il contagio, è risultata altresì acclarata l’assoluta indifferibilità delle trasfusioni per scongiurare il rischio della vita del paziente”.

Il paziente si trovava in condizioni tali da non poter evitare la trasfusione, pertanto, in presenza di uno stato di necessità, la responsabilità dei sanitari, anche quanto foriera di un fatto dannoso, è sicuramente scriminata.

Il comportamento della struttura ospedaliera nel caso di specie era stato adeguato, e per tale motivo non vi è alcuna imputabilità alla stessa in termini di evitabilità dell’evento dannoso.

Da ultimo si deve rammentare che secondo costante orientamento giurisprudenziale:

“per poter configurare la lesione del diritto ad essere informato, occorre raggiungere la prova, anche tramite presunzioni che, ove compiutamente informato, il paziente avrebbe verosimilmente rifiutato l’intervento, non potendo altrimenti ricondursi all’inadempimento dell’obbligo di informazione alcuna rilevanza causale sul danno alla salute”.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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