CONSULENZA LEGALE CONTINUATIVA E RISOLUZIONE ANTICIPATA

Possibile la risoluzione anticipata di una consulenza legale continuativa

Corte di Cassazione, seconda sezione civile, sentenza n. 25668 del 2018

L’oggetto della questione giunta sino in Cassazione riguarda il recesso operato dall’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente del Friuli Venezia Giulia dal contratto di consulenza e conferimento di incarico di assistenza legale, stipulato con un professionista.

Il Tribunale di primo grado, nel respingere le doglianze attoree aveva ricondotto il contratto stipulato con l’ente come un mandato oneroso a tempo determinato, con cui l’attore si era obbligato per un numero determinato di anni a prestare la propria opera professionale in merito a tutti gli affari legali dell’ente in questione, e ritenendo sussistente una giusta causa oggettiva di risoluzione del rapporto.

La Corte d’Appello confermando la sentenza di primo grado, inquadra il contratto in questione come contratto d’opera.

Nel caso di specie, era venuto meno “l’intuitus personae” per il sopravvenire dell’impossibilità sopravvenuta, da ricollegarsi alla sopraggiunta legge regionale che imponeva all’ente di avvalersi dell’avvocatura generale.

Gli Ermellini osservano che, una volta qualificato il rapporto come contratto d’opera non si può più applicare l’art. 1725 c.c., ma di deve applicare l’art. 2237 c.c., che permette la recedibilitàad nutum se non derogata contrattualmente.

Inoltre, secondo costante orientamento giurisprudenziale:

“Il recesso ad nutum di cui all’art. 2237, che prevede comunque il dovere del cliente di corrispondere al prestatore d’opera intellettuale spese e compensi per l’attività svolta, si fonda sui connotati spiccatamente fiduciari di questo tipo di rapporto. Il recesso è funzionale al fondamento fiduciario di esso e giustifica una tutela meno intesa del prestatore, sotto il profilo della continuità del rapporto, e da qui discende l’esclusione del diritto al mancato guadagno”.

La dottrina in maniera molto cauta richiede che la rinuncia risulti in maniera espressa o sia stata oggetto di specifica trattativa tra le parti; in ogni caso la previsione del patto di rinuncia al recesso comporta un aggravio delle conseguenze del recesso.

Inoltre in base alla giurisprudenza maggioritaria

“il termine normalmente vale ad assicurare al cliente che il prestatore d’opera sia vincolato per un certo tempo nei suoi confronti, si riferisce cioè all’andamento ordinario del rapporto, non alla sua fase di risoluzione”.

Detto ciò si deve confermare l’orientamento già espresso da Cassazione, con la sentenza n. 469 del 2016 in base al quale in tema di contratto d’opera professionale, la previsione di un termine di durata del rapporto non esclude la facoltà di recesso ad nutum, previsto dall’art. 2237 c.c.

Dott.ssa Benedetta Cacace


VUOI RIMANERE SEMPRE AGGIORNATO? ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER