COMUNIONE TRA CONIUGI ED ACQUISTI EFFETTUATI IN CONTANTI

Gli acquisti in contanti, effettuati da uno dei coniugi rientrano nella comunione?

Corte di Cassazione, seconda sezione, sentenza n. 26981 del 2018

Nel caso di specie la Corte d’Appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado aveva dichiarato l’appellante comproprietario di tutti i beni mobili esistenti nella casa coniugale, nonché comproprietario dell’immobile, riconoscendogli il diritto di credito per quanto riguardava il ricavato della vendita effettuata dalla moglie, in difetto delle condizioni di legge.

Il giudice di secondo grado, richiamando la giurisprudenza di legittimità, aveva confermato la decisione di primo grado, precisando che il fatto che il coniuge non acquirente renda la dichiarazione ex art. 179, secondo comma lett. f) c.c., presuppone l’effettiva natura personale del bene, con la conseguenza che, nel caso in cui non vi sia alcuna causa di esclusione dalla comunione, ciò potrà essere conclamato in una successiva causa di accertamento negativo.

Nel caso al vaglio dei giudici, la moglie nell’atto pubblico sottoscritto non aveva fatto alcun riferimento al fatto costitutivo del preteso diritto esclusivo del marito sul denaro usato per il pagamento, e cioè ad una delle tipologie di beni personali previste nelle lettere a), b), c), d) ed e) dell’art. 179, lett. f) c.c., dalla cui vendita permuta abbia tratto origine la provvista usata per l’acquisto esclusivo.

Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 22755 del 2009 hanno disposto che:

“Dalla stessa lettera dell’art. 179, c.c., comma 2 risulta peraltro che l’intervento adesivo del coniuge non acquirente non è di per sé sufficiente a escludere dalla comunione il bene che non sia effettivamente personale”.

La norma appena richiamata prevede che i beni acquistati siano esclusi dalla comunione quando detta esclusione risulti dall’atto di acquisto e l’altro coniuge ne sia stato parte.

Quindi, nell’atto deve risultare la causa di esclusione dalla comunione, che deve essere una di quelle tassativamente previste dal primo comma dell’art 179 c.c.; inoltre, l’effetto limitativo della comunione si produce solamente nel caso in cui i beni siano effettivamente personali.

L’intervento adesivo del coniuge non acquirente non rileva come atto negoziale di rinunzia alla comunione.

In base al combinato disposto degli articoli 177 c.c. e 179, primo comma c.c., l’inclusione nella comunione legale è un effetto automatico dell’acquisto di un bene non personale da parte di alcuno dei coniugi in costanza di matrimonio.

È solamente la natura personale del bene a poter determinare l’esclusione dalla comunione.

Al secondo comma dell’art. 179 c.c. si prevede che l’esclusione dalla comunione ex art. 179 c.c., lett. e), d) ed f) si abbia solamente nel caso in cui la natura personale del bene venga dichiarata dall’acquirente con l’adesione dell’altro coniuge.

Pertanto nei casi indicati la natura personale del bene non è sufficiente ad escludere di per sé l’esclusione dalla comunione se non risulti concordemente riconosciuta dai coniugi.

Sempre in base all’art. 179, comma 2, lett. f) la natura di beni personali viene attribuita

“ai beni acquistati con il prezzo del trasferimento dei beni personali previsti alle lettere a) – e) o col loro scambio”.

Il riferimenti a tali beni personali non consente di annoverare tra gli stessi il denaro contante, che si trovi nella disponibilità del coniuge acquirente, senza che lo stesso possa tracciarne la provenienza, la quale deve essere per legge dipendente dalla vendita o permuta di uno dei beni di cui alle lettere a) ed e).

Dott.ssa Benedetta Cacace


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