COME SI CALCOLA L’IMPOSTA EVASA?

La Corte di Cassazione è intervenuta per chiarire che l’imposta evasa deve essere calcolata solamente sui costi effettivamente documentati.

Corte di Cassazione, terza sezione penale, sentenza n. 26196 del 2019

Nel caso di specie sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano confermato la penale responsabilità dell’imputato per il reato di omessa dichiarazione ex art. 5 del d.lgs. n. 10 marzo 2000, n. 74, per aver, in qualità di legale rappresentante di una s.r.l., al fine di evadere le imposte, omesso di presentare la dichiarazione fiscale rilevante ai fini iva ed irappur risultando accertati maggiori ricavi e con evasione iva per un importo di quasi 250 mila euro.

L’art. 5 sopra citato, nel disciplinare l’omessa dichiarazione prevede che:

“1. E’ punito con la reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni chiunque al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, non presenta, essendovi obbligato, una delle dichiarazioni relative a dette imposte, quando l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte ad euro cinquantamila.

1-bis. E’ punito con la reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni chiunque non presenta, essendovi obbligato, la dichiarazione di sostituto d’imposta, quando l’ammontare delle ritenute non versate è superiore ad euro cinquantamila.

2. Ai fini della disposizione prevista dai commi 1 e 1-bis non si considera omessa la dichiarazione presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine o non sottoscritta o non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto”.

Nel ricorrere in cassazione l’imputato lamenta che non vi è valida motivazione, con riferimento al parametro della colpevolezza al di là del ragionevole dubbio, in ordine al superamento della soglia di punibilità pari ad euro 50 mila; contestando che le conclusioni in merito al superamento della soglia di punibilità sono fondate solamente sulle risultanze di una verifica fiscale.

Gli Ermellini, intervenuti sulla questione, hanno dichiarato infondato il ricorso, premettendo che:

“secondo quanto già rilevato nella giurisprudenza di legittimità, ai fini della configurabilità dei reati in materia di IVA la determinazione della base imponibile, e della relativa imposta evasa, deve avvenire solo sulla base dei costi effettivamente documentati, non rilevando l’eventuale sussistenza di costi non documentati”.

Tale soluzione merita di essere condivisa in quanto l’iva è collocata in un sistema chiuso di rilevanza sovranazionale, che prevede la tracciabilità di tutte le fatture, attive e passive, emesse nei traffici commerciali, a nulla rilevando l’eventuale sussistenza di costi effettivi non registrati, quali invece possono essere considerati con riferimento alle imposte dirette, non vincolate al rispetto di stringenti oneri documentali.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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