COMBATTIMENTI TRA CANI

Corte di Cassazione Penale, sez. III, sentenza n. 57850 del 28/12/2017: combattimento tra cani

Nel 2014, il Tribunale di Caltanissetta aveva ritenuto responsabili due uomini per il reato ex art. 544-quinquies c.p., per avere in concorso con altri, promosso o organizzato un combattimento tra cani, condannandoli alla pena di 1 anno e 2 mesi di reclusione ed euro 60.000 di multa ciascuno.

L’articolo 544-quinquies c.p. dispone che:

“Chiunque promuove, organizza o dirige combattimenti o competizioni non autorizzate tra animali che possono metterne in pericolo l’integrità fisica, è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 50.000 a 160.000 euro.

La pena è aumentata da un terzo alla metà:

1) se le predette attività sono compiute in concorso con minorenni o da persone armate;

2) se le predette attività sono promosse utilizzando videoriproduzioni o materiale di qualsiasi tipo contenente scene o immagini dei combattimenti o delle competizioni;

3) se il colpevole cura la ripresa o la registrazione in qualsiasi forma dei combattimenti o delle competizioni.

Chiunque, fuori dai casi di concorso nel reato, allevando o addestrando animali li destina sotto qualsiasi forma e anche per il tramite di terzi alla loro partecipazione ai combattimenti di cui al primo comma è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 5.000 a 30.000 euro.

La stessa pena si applica anche ai proprietari o ai detentori degli animali impiegati nei combattimenti e nelle competizioni di cui al primo comma, se consenzienti.

Chiunque, anche se non presente sul luogo del reato, fuori dai casi di concorso nel medesimo, organizza o effettua scommesse sui combattimenti e sulle competizioni di cui al primo comma è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 5.000 a 30.000 euro”.

Nel 2016, la Corte d’Appello di Caltanissetta ha confermato la sentenza del Tribunale.

V. anche

La Corte territoriale ha ritenuto provata la responsabilità dei due imputati sulla scorta del fatto che i due erano proprietari dei cani impiegati nei combattimenti.

Gli imputati hanno contestato la concludenza probatoria degli elementi posti a carico, osservando che nessuno dei due si trovavano nei pressi del luogo ove si svolgeva il combattimento, e che il suo cane non era stato visto combattere.

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile in quanto provato che i cani dei due uomini erano stati visti combattere e che uno dei due animali riportava ferite profonde.

Alla dichiarazione di inammissibilità dei due ricorsi fa seguito, visto l’art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e delle somme di euro 2.000 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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