ASSEGNO DI DIVORZIO: QUANDO L’EX-MARITO VIVE È IN RESTRITTEZZA ECONOMICA


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L’assegno di divorzio è dovuto anche se l’ex marito è costretto a vivere con una somma di denaro esigua

Corte di Cassazione, sesta sezione civile, ordinanza n. 6982 del 2020

Nel caso di specie, il Tribunale di primo grado e poi anche la Corte d’Appello avevano respinto la richiesta di modifica dell’importo dell’assegno divorzile, pari ad euro 450, a favore della moglie e a carico del marito, concordato in sede di divorzio congiunto.

Il ricorrente, nell’adire la Corte di Cassazione, lamenta la violazione e la falsa applicazione degli articoli 5, 6 e 9 della legge n. 898 del 1970 in riferimento all’art. 360, comma 1 nr. 3 c.p.c., in quanto i giudici di merito, nel respingere la sua richiesta, non avevano tenuto conto della situazione economica delle parti e della sproporzione delle rispettive posizioni reddittuali.

Nello specifico il ricorrente sostiene di non potersi mantenere solo con 450 euro al mese, ossia quanto residua dopo il pagamento del mutuo immobiliare di euro 360 e di 450 euro versate alla moglie come disposto in sede di divorzio congiunto, non disponendo di nessun’altra fonte di sostentamento.

L’ex moglie,beneficiaria dell’assegno divorzile, inizialmente era disoccupata ma adesso presta lavoro quale badante con una retribuzione di euro 500 mensili.

Gli Ermellini, intervenuti sulla questione hanno dichiarato infondato il ricorso, ravvisando come i giudici di merito avessero tenuto debitamente conto della nuova situazione patrimoniale dell’ex moglie.

La pronuncia impugnata merita di essere confermata alla luce di quanto disposto dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18287 del 2018, secondo la quale

“il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi dell’art. 5, comma 6, della l. n. 898 del 1970, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante, e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto. La funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostruzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi”.

Infine, con l’ordinanza n. 21926 del 2019 è stato chiarito che:

“l’assegno divorzile ha una imprescindibile funzione assistenziale, ma anche, e in pari misura, compensativa e perequativa. Pertanto, qualora vi sia uno squilibrio effettivo, e di non modesta entità, tra le condizioni economico-patrimoniali degli ex coniugi, occorre accertare se tale squilibrio sia riconducibile alle scelte comuni di conduzione della vita familiare, alla definizione dei ruoli all’interno della coppia e al sacrificiodelle aspettative di lavoro di uno dei due. Laddove, però, risulti che l’intero patrimonio dell’ex coniuge richiedente sia stato formato, durante il matrimonio, con il solo apporto dei beni dell’altro, si deve ritenere che sia stato già riconosciuto il ruolo endofamiliare dallo stesso svolto e sia stato già compensato il sacrificio delle aspettative professionali oltre che realizzata con tali attribuzioni l’esigenza perequativa, per cui non è dovuto, in tali particolari condizioni, l’assegno di divorzio”.

Avv. Tania Busetto

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