ANCORA SUL MALTRATTAMENTO AGLI ANIMALI

Cane legato alla catena e cuccia non adeguata

Corte di Cassazione, terza sezione penale, sentenza n. 8036 del 2018

Nel caso di specie, sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano condannato l’imputato colpevole del reato ex art. 544-ter, secondo comma, c.p., per aver tenuto il proprio cane legato in un box per diversi giorni, senza alcuna assistenza igienica, privo di cibo e di acqua, con solamente una cuccia in cemento nemmeno coperta per ripararsi dalle intemperie.

Tale situazione era sicuramente incompatibile con l’indole dell’animale.

Avverso tale ultima sentenza, l’imputato era ricorso in Cassazione, sostenendo l’infondatezza dello stato di abbandono dell’animale.

Gli Ermellini, intervenuti sulla questione hanno dichiarato il ricorso inammissibile, non ritenendo rilevante il fatto che non vi fosse alcuna lesione visibile a carico del suo cane.

Infatti, come rilevato dal Tribunale di primo grado, quando era arrivato il veterinario il cane aveva subito un collasso da quanto era denutrito, e non era in grado di reggersi sulle zampe.

Con riguardo alla qualificazione della condotta posta in essere dall’imputato, i giudici di Cassazione hanno ritenuto rientrante nell’art. 544-ter c.p. e non nel più lieve art. 727, secondo comma, c.p., in quanto il criterio discretivo tra le due fattispecie è riconducibile al differente atteggiamento soggettivo dell’agente nelle differenti fattispecie criminose.

Nel primo caso vi è la necessità del dolo, anche nella forma semplificata dove la condotta sia posta in essere per crudeltà o nella sua forma ordinaria se la condotta venga posta in essere senza necessità, mentre nel caso del reato previsto dall’art. 727 c.p., la produzione di gravi sofferenze, quale conseguenza della detenzione della bestia secondo modalità improprie, deve essere un evento non voluto dall’agente come contrario alle caratteristiche etologiche dell’animale, ma derivate solamente da una condotta colposa dell’agente.

Nel caso di specie la condotta dell’imputato era stata posta in essere in totale consapevolezza, quindi si è in presenza di un atteggiamento riconducibile al dolo e non alla colpa.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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