UTILIZZAZIONE INDEBITA DI UN BANCOMAT ALTRUI: IL REATO SI INTEGRA ANCHE SE LA TRANSAZIONE NON VA A BUON FINE

L’indebita utilizzazione, a fini di profitto, della carta di credito da parte di chi non ne sia titolare, integra il reato di cui all’art. 12 del d.l. n. 143 del 1991, conv. in l. n. 197 del 1991, indipendentemente dal conseguimento di un profitto o dal verificarsi di un danno

Corte di Cassazione, quinta sezione, sentenza n. 17923 del 20 aprile 2018

La Corte d’Appello di Trento, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Rovereto, che aveva condannato Tizio per il delitto continuato di furto aggravato e di utilizzazione indebita della carta bancomat intestata a Caia, ha riqualificato il fatto di cui al capo b) della rubrica, riconoscendovi il delitto di cui all’art. 55, comma 9, d.lgs 231/2007 nella forma tentata e, per l’effetto, riduce la pena inflitta a Tizio confermando nel resto la sentenza appellata.

Ricorrono in Cassazione sia il Procuratore Generale che l’imputato sostenendo che i giudici non avrebbero applicato in maniera esatta la norma di riferimento; nel caso in oggetto, doveva ritenersi consumato e non tentato il delitto, dato che, per la prevalente giurisprudenza di legittimità, ai fini della consumazione del delitto in questione è sufficiente una qualsiasi modalità di utilizzazione del bancomat, a prescindere dall’effettivo conseguimento del denaro.

Inoltre, si denuncia il vizio di motivazione, sostenendo che il furto era stato ricondotto all’uomo sulla base di mere congetture, valorizzando la somiglianza del soggetto ripreso dalle telecamere di sorveglianza, mentre stava effettuando alcune operazioni con il bancomat, compiute presso lo sportello bancario.

Non essendovi prova della riconducibilità del furto della carta bancomat a Tizio, doveva ascriversi solamente il delitto ex art. 648 c.p. quanto al possesso di provenienza furtiva.

Gli Ermellini rammentano che nella giurisprudenza di legittimità

“l’indebita utilizzazione, a fini di profitto, della carta di credito da parte di chi non ne sia titolare, integra il reato di cui all’art. 12 del d.l. n. 143 del 1991, conv. in l. n. 197 del 1991, indipendentemente dal conseguimento di un profitto o dal verificarsi di un danno, non essendo richiesto dalla norma che la transazione giunga a buon fine”.

E che

“non si ha reato impossibile, in riferimento alla fattispecie criminosa di cui all’art. 12 d.l. n. 143 del 1991, nel caso in cui la carta di credito donata venga bloccata dal titolare, essendo sufficiente, per l’integrazione del reato, il semplice possesso della carta clonata a prescindere dall’utilizzazione, in considerazione della natura di reato di pericolo della fattispecie criminosa disciplinata dagli articoli richiamati”.

“Il reato di illecito uso di carta di credito non tutela il bene del patrimonio, ma garantisce, in modo più o meno diretto, i valori riconducibili all’ambito dell’ordine pubblico economico e della fede pubblica, si richiama ai principi affermati nella materia de qua del giudice delle leggi e dal giudice di legittimità, nella sua più autorevole composizione, in approfondimento dei temi relativi all’oggettività giuridica e alla struttura del delitto di cui all’art. 12 d.l. 143 del 1991 conv. In l. n. 197 del 1991.”

Dott.ssa Benedetta Cacace


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