TENTATO OMICIDIO: LA GELOSIA NON È UN FUTILE MOTIVO!

La Corte di Cassazione, prima sezione penale, con la sentenza n. 49129 del 2018 ha chiarito che non rientra nell’aggravante dei futili motivi l’aver commesso l’azione per gelosia nei confronti del proprio partner in quanto l’eventuale perdita di questo e del progetto di vita comune è un motivo non futile.

Nel caso di specie, l’imputato era stato condannato per tentato omicidio, aggravato da futili motivi, in quanto aveva inferto numerose ferite al torace alla vittima per gelosia nei confronti della propria compagnia, ritenendo la vittima l’amante di quest’ultima.

Gli Ermellini, intervenuti sul punto hanno accolto il ricorso presentato dall’imputato, ritenendo che la circostanza dell’aggravante per futili motivi sussiste nel caso in cui la determinazione criminosa sia stata indotta da uno stimolo esterno di tale banalità e sproporzione, rispetto alla gravità del reato, da apparire, secondo il comune sentire, assolutamente inidoneo a provocare l’azione criminosa e da potersi ritenerne, più che una causa scatenante, un mero pretesto per lo sfogo di un impulso violento.

Secondo un costante orientamento della giurisprudenza:

“non può configurare motivo abbietto o futile la sola manifestazione per quanto parossistica e ingiustificabile di gelosia, che collega ad una sia pur abnorme desiderio di vita in comune, non è espressione di per sé di spirito punitivo nei confronti della vittima considerata come propria appartenenza, della quale pertanto non può tollerarsi l’insubordinazione”.

Nel caso di specie, come precisato dalle sentenze di Cassazione, n. 4453 del 2000, n. 35369 del 2007 e n. 28111 del 2012, per come prospettate le ragioni dell’aggressione posta in essere dall’imputato, non può parlarsi di

“spinta al reato priva di quel minimo di consistenza che la coscienza collettiva esige per operare un collegamento logicamente accettabile con l’azione commessa, in guida da risultare assolutamente sproporzionata all’entità del fatto e rappresentare, più che una causa determinante dell’evento, un mero pretesto, un’occasione per l’agente di dare sfogo al suo impulso criminale”.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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