SULL’ISTANZADI SOSPENSIONE DELL’EFFICACIA ESECUTIVA DEL TITOLO


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È impugnabile il provvedimento con il quale il giudice dell’opposizione all’esecuzione, proposta ai sensi dell’art. 615 comma 1 c.p.c., decide sull’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo?

Corte Suprema di Cassazione, Sezioni Unite Civili, sentenza n. 19889/2019

Il 23 luglio 2019 è stata depositata in Cancelleria la decisione della Suprema Corte relativa alla reclamabilità della sospensione pre-esecutiva (art. 615 c.1 c.p.c.). Il Procuratore Generale ha adito la Corte in relazione all’ordinanza del Tribunale di Latina n. 3112/2018, emessa il 09 ottobre 2018.

Nel caso di specie il Tribunale di Latina, investito dell’impugnazione (ex artt. 669 terdecies e 624 c.2 c.p.c.) avverso il provvedimento di rigetto dell’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo emesso dal giudice dell’opposizione pre-esecutiva n. 4689/17, ha dichiarato inammissibile il reclamo con ordinanza del 9 ottobre 2018.

Il P.G., ravvisato l’interesse nomofilattico, ha deciso di fare ricorso alla Corte Suprema affinché quest’ultima elaborasse un orientamento univoco data la pluralità di posizioni della giurisprudenza di merito.

La Cassazione, dopo aver accertato la presenza dei presupposti della richiesta di enunciazione del principio di diritto, ha così stabilito:

“Il provvedimento con il quale il giudice dell’opposizione all’esecuzione, proposta prima che questa sia iniziata ed ai sensi del primo comma dell’art. 615 cod. proc. civ., decide sull’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo è impugnabile col rimedio del reclamo ai sensi dell’art. 669 terdecies cod. proc. civ. al Collegio del tribunale cui appartiene il giudice monocratico – o nel cui circondario ha sede il giudice di pace – che ha emesso il provvedimento”.

La questione trova la sua origine prima del d.l. 35/2005, convertito con modificazioni, dalla l. 80/2005. Nel periodo precedente tale riforma infatti, era tendenzialmente preclusa la possibilità di evitare che un processo esecutivo iniziasse: occorreva che il patrimonio del debitore fosse dapprima in concreto aggredito con l’avvio di un processo esecutivo e solamente in tempo successivo il debitore stesso avrebbe potuto reagire ed ottenere la sospensione. Era dunque irrilevante che ciò comportasse effetti a catena dirompenti e non sempre adeguatamente riparabili.

La nuova disciplina ha inteso colmare tale lacuna prevedendo che il giudice, una volta proposta l’opposizione anteriormente all’inizio del processo esecutivo, possa intervenire a scongiurare l’esecuzione minacciata o prefigurata col precetto, su specifica istanza di parte; ma contro lo specifico provvedimento reso su quest’ultima non è previsto però, in modo espresso, alcun rimedio.

La fattispecie è regolata dal primo comma dell’art. 615 c.p.c. il quale recita: “Quando si contesta il diritto della parte istante procedere ad esecuzione forzata e questa non è ancora iniziata, si può proporre opposizione al precetto con citazione davanti al giudice competente per materia o valore e per territorio a norma dell’articolo 27. Il giudice, ricorrendo gravi motivi, sospende su istanza di parte l’efficacia esecutiva del titolo […]”.

Altra norma determinante in materia è l’art. 624 c.p.c.:

“Se è proposta opposizione all’esecuzione a norma degli articoli 615 e 619, il giudice dell’esecuzione, concorrendo gravi motivi, sospende, su istanza di parte, il processo con cauzione o senza. Contro l’ordinanza che provvede sull’istanza di sospensione è ammesso reclamo ai sensi dell’art. 669 terdecies […]”.

La Cassazione ha argomentato il principio enunciato dichiarando che nessuna norma espressa vieta l’impugnabilità dell’ordinanza di sospensione disciplinata dal primo comma dell’art. 615 c.p.c.; inoltre, nonostante nell’art. 624 c.p.c. vi siano solo riferimenti testuali al giudice dell’esecuzione, è stato espressamente espunto dalla disposizione in parola il riferimento al solo secondo comma dell’art 615 c.p.c. Pertanto, la norma come novellata deve potersi estendere anche all’ipotesi della sospensione pre-esecutiva, anch’essa disciplinata all’art. 615.

Alla conclusione della reclamabilità si perviene, comunque, in base ad un’interpretazione complessiva e sistematica dell’istituto della sospensione pre-esecutiva, ad iniziare dalla negazione della sua assimilabilità alle inibitorie interpretate o definite come non impugnabili, per ricostruire la sua funzione quale cautelare in senso proprio, benché connotato dalla peculiarità dell’azione di cognizione cui accede e, quindi, sui generis. L’inibitoria del titolo esecutivo giudiziale in pendenza della sua impugnazione od opposizione è cioè ben diversa dalla sospensiva in esame. Infatti, nonostante il potere conferito al giudice del primo comma dell’art. 615 c.p.c. riguardi testualmente l’efficacia esecutiva del titolo, non è però l’impugnazione di questo l’oggetto dell’opposizione pre-esecutiva, la quale mira invece a contestare il diritto del creditore ad agire in via esecutiva sulla base del precetto come formulato in concreto. In definitiva, la natura di provvedimento cautelare, in difetto di norma derogatoria esplicita, comporta la reclamabilità ai sensi dell’art. 669 terdecies c.p.c., il quale dispone che

“contro l’ordinanza con la quale è stato concesso o negato il provvedimento cautelare è ammesso reclamo […]”.

Dott.ssa Giorgia Frigo

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