SINISTRI STRADALI: NIENTE RISARCIMENTO SE IL DANNEGGIATO NON FA ISPEZIONARE IL VEICOLO

Cosa succede se il danneggiato non fa ispezionare il veicolo?

Secondo la III Sezione Civile della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1829 del 25 gennaio 2018, il risarcimento deve essere negato

Nel caso di specie, l’attore, al fine di ottenere il risarcimento dei danni subiti in seguito ad un sinistro stradale, aveva convenuto in giudizio il conducente dell’automobile che lo aveva investito mentre si trovava a bordo della propria biciletta, e la compagnia assicuratrice.

Sia in primo che in secondo grado l’attore era risultato soccombente. Per tale ragione aveva deciso di adire la Corte di Cassazione, lamentando che il Tribunale abbia ritenuto in contrasto con le prove documentali che non avesse messo la propria biciletta a disposizione della compagnia assicuratrice per un’ispezione anteriore all’inizio della controversia.

Gli Ermellini, intervenuti sulla questione hanno richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale, in base al quale:

“La riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1 n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. In L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione”.

La domanda di improcedibilità della domanda risarcitoria si basa sul riscontrato inadempimento sostanziale da parte dell’originario attore gravato di tale obbligo e di un atteggiamento contrario a buona fede, non avendo voluto collaborare nello svolgimento delle trattative stragiudiziali.

L’articolo 148 del Codice delle assicurazioni private può avere una duplice lettura. Secondo la prima l’art. 145 del D.Lgs. n. 209 del 2005 deve essere inteso come una regola processuale di natura prettamente formale, quindi al danneggiato è prescritto, quale requisito per poter avviare il giudizio, solamente il dovere di inviare una richiesta risarcitoria completa di tutti gli elementi necessari alla valutazione dell’istanza da parte dell’assicurazione e la condizione di proponibilità della domanda si verifica una volta decorso il termine.

Tale interpretazione tuttavia è riduttiva in quanto non coglie la ratio legis della disposizione, avendo l’art. 145 un chiaro intento deflattivo, essendo evidente la finalità

“di razionalizzazione del contenuto giudiziario, notoriamente inflazionato, nella materia dei sinistri stradali, anche da liti bagatellarli”.

La proponibilità della domanda risarcitoria è legata ad un presupposto formale, ossia la trasmissione di una richiesta contenente elementi sufficienti a permettere all’assicuratore “di accertare la responsabilità, stimare il danno e formulare l’offerta”, ma anche ad un requisito sostanziale,

“la collaborazione tra danneggiato e assicuratore nella fase stragiudiziale, impone correttezza e buona fede”.

Gli Ermellini con la sentenza in commento hanno enunciato il seguente principio di diritto:

“In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli a motore, a norma del D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, art. 145, l’azione per il risarcimento non può essere proposta dal danneggiato che, in violazione dei principi di correttezza e buona fede, con la propria condotta abbia impedito all’assicuratore di compiere le attività volte alla formulazione di una congrua offerta ai sensi dell’art. 148 del Codice delle assicurazioni private”.

Tra le attività della compagnia assicuratrice, finalizzate all’elaborazione di una “congrua offerta” vi è quella di verificare la responsabilità e conseguentemente, non può ammettersi l’esercizio dell’azione nel caso in cui all’assicuratore sia stato impedito di valutare l’an del risarcimento.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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