“SI” AL RISARCIMENTO DEL DANNO SE L’AGENZIA DELLE ENTRATE TI FORNISCE INFORMAZIONI ERRATE
L’Agenzia delle Entrate va condannata al risarcimento del danno ex art 2043 c.c. per aver fornito, tramite i propri funzionari, informazioni errate ed indotto in errore il contribuente, in quanto, con detto comportamento, ha violato il principio di collaborazione informativa ex art. 6 della legge n. 212/2000
Cassazione Civile, Sez. 3 , Ordinanza Num. 23163 Anno 2018
I fatti di causa
Un contribuente, coltivatore diretto, recatosi presso gli Uffici dell’Agenzia delle Entrate riceveva informazioni sbagliate riguardo una registrazione di una scrittura privata; tali informazioni lo inducevano in errore riguardo un regime di tassazione e così a distanza di due mesi riceveva l’avviso di liquidazione della maggiore tassazione applicata sulla base del valore dichiarato in calce all’atto, ritenendo non applicabile l’imposta ridotta a tassa fissa.
L’uomo, quindi, lamentava in giudizio l’illegittimo comportamento tenuto dai funzionari, ritenuti responsabili della violazione degli obblighi di informativa ed evidenziava che era stato disatteso il suo legittimo affidamento in quanto, proprio a causa dell’informazione sbagliata era stato indotto in errore riguardo al regime di tassazione applicabile e perciò chiedeva la condanna dell’Agenzia al risarcimento del danno corrispondente alla somma in relazione alla quale era stata concessa la rateazione del debito tributario.
In prima battuta il Tribunale rigettava la domanda risarcitoria rilevando che l’attore non aveva fornito la prova dei requisiti previsti dalla legge n. 604 del 1954 per il beneficio fiscale in quanto l’atto di compravendita non conteneva la dichiarazione del sottoscrittore di volersi avvalere dell’agevolazione.
Tale decisione veniva appellata dal contribuente e la Corte d’Appello accoglieva l’impugnazione condannando l’Agenzia delle Entrate al risarcimento del danno in favore dell’appellante.
Si giungeva quindi in Cassazione su iniziativa dell’Agenzia delle Entrate, la quale in particolare deduceva
“la violazione l’articolo 2043 c.c. in relazione all’articolo 360, n. 3 c.p.c. rilevando l’insussistenza del nesso causale. Infatti, i presupposti necessari per beneficiare dell’agevolazione in oggetto (sussistenzadei requisiti previsti dall’articolo 1 della legge n. 604 del 1954) dovevano essere presenti in data precedente alla presentazione dell’atto presso l’ufficio. Pertanto la condotta dei responsabili di tale ufficio risulta irrilevante”
La decisione della Corte
Gli Ermellini respingono il ricorso e confermano la decisione della Corte di Appello ed evidenziano che
“la sentenza impugnata rileva che l’amministrazione avrebbe dovuto porre maggiore attenzione al livello di informativa da rendere nei confronti dell’utente, circa di adempimenti da porre in essere per beneficiare dei vantaggi fiscali previsti dalla normativa di settore, eventualmente modificando o integrando l’atto con le indicazioni mancanti. Adempimenti da espletare in separata sede. La decisione impugnata censura la mancata osservanza da parte dell’Agenzia di un obbligo di informativa verso il contribuente, volto a consentire la conoscenza agevole delle disposizioni vigenti in materia tributaria, al fine di renderlo edotto di ogni elemento idoneo a pregiudicare il riconoscimento del proprio credito. L’insieme degli elementi evidenziati nella sentenza impugnata riguarda la violazione, da parte dell’Agenzia convenuta, degli obblighi di correttezza e collaborazione secondo un canone comportamentale di buona fede, che deve caratterizzare l’attività della pubblica amministrazione”
In particolare nell’ordinanza in commento viene osservato che
“la controversia, però, non ha ad oggetto il diritto del contribuente all’agevolazione (diritto non sussistente a causa della insufficiente documentazione), ma del diritto ad ottenere un’informazione completa dalla Amministrazione finanziaria”
Con il comportamento in essere l’Agenzia delle Entrate ha violato il principio di collaborazione informativa ex art. 6 della legge n. 212/2000 ed il danno ingiusto è stato individuato nella condotta negligente dell’amministrazione per la mancata considerazione della peculiarità del caso concreto, per la totale omissione del dovere di informativa e per avere ingenerato nel contribuente, dapprima ammesso alla tassazione favorevole sulla base di una semplice dichiarazione orale, l’affidamento legittimo che non fosse necessario altro adempimento per evitare la perdita del beneficio spettante, quale coltivatore diretto da oltre quarant’anni.