ATTENZIONE A LITIGARE DAVANTI AI FIGLI, SI PUO’ INTEGRARE IL REATO EX ART 572 C.P.

Se mamma e papà litigano innanzi alla prole scatta il reato di maltrattamenti  contro familiari o conviventi ex art. 572 c.p.

Corte di Cassazione, sesta sezione penale, sentenza n. 18833 del 2018

Una coppia di coniugi, era stata condannata dalla Corte d’Appello di Firenze per il reato ex art. 572 c.p.

I maltrattamenti sarebbero consistiti nell’aver costretto i figli minori a vivere in un clima di paura e continua tensione, nascente dal fatto di dover assistere ai violenti litigi dei genitori.

Secondo la madre, i figli non erano oggetto di aggressioni o violenza psicologica, tanto che non avevano manifestato alcun segno di disagio familiare.

L’art. 572 c.p. dispone che:

“Chiunque, fuori dai casi indicati nell’articolo precedente, maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito con la reclusione da due a sei canni.

Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a nove anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a ventiquattro anni”.

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Dobbiamo capire se il delitto ex art. 572 c.p. si configuri anche quando la condotta maltrattante non sia rivolta direttamente verso la vittima, ma si sostanzi nel far assistere a questa, quale spettatore passivo, alle condotte violente e offensive attuate nei confronti di un’altra persona.

Nel caso di specie, la condotta tenuta dai genitori nei confronti della prole

“per averli costretti a presenziare alle reiterate manifestazioni di reciproca conflittualità realizzate nell’ambito del rapporto di convivenza mediante ripetuti episodi di aggressività fisica e psicologica, con condotte vessatorie e continui litigi, minacce e danneggiamenti di suppellettili”,

integra il reato ex art. 572 c.p.?

L’articolo in commento, sanziona la condotta di chi maltratta; tale espressione è molto ampia, e vi possono rientrare non solamente le percosse, le lesioni, le minacce, le ingiurie, le privazioni e le umiliazioni, ma anche gli atti di disprezzo e di offesa alla dignità; quindi il reato può essere integrato anche mediante il compimento di atti che di per sé non costituiscono reato.

Detto ciò, dobbiamo specificare che la condotta sanzionata dall’art. 572 del codice penale non si deve collegare necessariamente a specifici comportamenti vessatori posti in essere nei confronti di un determinato soggetto passivo, può realizzarsi tanto con un’azione, quanto con un’omissione e può derivare anche da un clima instaurato all’interno di una comunità in conseguenza di atti di sopraffazione.

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Affinché si configuri il reato devono sussistere due presupposti: le condotte vessatorie vedono essere state reiterate nel tempo, e l’agire criminoso deve essere idoneo a cagionare uno stato di sofferenza psico-fisica nella vittima.

Tuttavia, consolidata giurisprudenza ha affermato che il delitto di maltrattamenti si integra anche nel caso in cui i comportamenti vessatori si siano protratti per un lasso di tempo limitato, a condizione che siano idonei a determinare la sofferenza fisica e morale della parte offesa.

È pacificamente diffuso che

“i maltrattamenti inflitti da un coniuge all’altro in presenza dei figli possono condurre alla dichiarazione di decadenza della potestà genitoriale, a norma dell’art. 330 c.c., per le inevitabili ripercussioni negative sull’equilibrio fisiopsichico della prole e sulla serenità dell’ambiente familiare”.

Il reato in questione non richiede il dolo intenzionale ma il dolo generico, consistente nella coscienza e nella volontà di sottoporre la persona di famiglia ad un’abituale condizione di soggezione.

Stando a quanto appena detto, è indubbio che il delitto di maltrattamenti possa configurarsi anche nel caso in cui i comportamenti vessatori non siano rivolti direttamente in danno della prole, ma li coinvolgano indirettamente quali spettatori passivi delle innumerevoli liti dei genitori.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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