L’AFFIDAMENTO IN PROVA

Quando si deve negare l’affidamento in prova?

La Corte di Cassazione penale, sez. I, con la sentenza n. 46562 del 10 ottobre 2017 ha stabilito che l’affidamento in prova deve essere negato nel caso in cui la pena residua superi i 3 anni

Se la pena da eseguire a seguito del passaggio in giudicato della sentenza di condanna è superiore a 3 anni, ancorché inferiore a 4, non si può disporre la sospensione dell’ordine di esecuzione, in presenza di una istanza di affidamento in prova ai servizi sociali ex art. 47 ord. pen., in quanto ai fini della sospensione, il limite edittale resta quello di tre anni, fino alle modifiche che saranno disposte in attuazione delle deroghe di cui alla riforma del codice penale, di procedura penale e dell’ordinamento penitenziario.

Ciò è quanto emerge dalla sentenza della Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione, n. 46562 del 10 ottobre 2017, la quale ha disatteso l’interpretazione evolutiva del dato normativo adottata precedentemente dalla stessa Sezione.

L’interpretazione evolutiva aveva valorizzato il richiamo operato dal quinto comma dell’articolo 656 del codice di procedura penale, all’articolo 47 dell’ordinamento penitenziario, tanto da inferirne l’applicazione a tutte le ipotesi disciplinate dall’art. 47 ord. pen., anche se in mancanza di un esplicito richiamo all’art. 656 c.p.p. all’ipotesi prevista dal nuovo comma 3-bis.

Secondo i giudici di Cassazione, l’ipotesi introdotta all’articolo 47, comma 3bis, ord. pen., non potrebbe avere un’applicazione automatica da parte dell’organo dell’esecuzione penale, in quanto è prescritto dal medesimo articolo che il Tribunale di sorveglianza compia una valutazione del comportamento tenuto dal condannato nell’anno precedente, mentre il P.M. non può esercitare un potere sostitutivo di tale potestà giurisdizionale, essendo tale potere del tutto estraneo al suo ruolo istituzionale.

I giudici evidenziano che:

“La discrezionalità del provvedimento giurisdizionale, agganciata a elementi valutativi compendiati in relazioni di osservazione o informazioni di polizia, è di ostacolo a una, anche solo sommaria, deliberazione da part dell’organo dell’esecuzione all’atto dell’emissione dell’ordine di carcerazione poiché il potere di sospenderne l’emissione, in vista della decisione del giudice competente, è di stretta interpretazione”.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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