ANCHE FINO A 10 MILA EURO DI MULTA PER CHI ABBANDONA IL PROPRIO AMICO A 4 ZAMPE

Se pur il reato si era estinto per prescrizione, la Corte di Cassazione si pronuncia sulla vicenda di un uomo condannato a 7 mila euro di multa per aver abbandonato un animale

La terza sezione penale si è pronunciata con la sentenza n. 8408/2018 sulla vicenda riguardante l’abbandono di un cane.

L’articolo 727 c.p. che disciplina l’abbandono di animali, dispone che:

“Chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito con l’arresto fino ad un anno o con l’ammenda da 1.000 a 10.000 euro.

Alla stessa pena soggiace chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze”.

Nel caso in questione, il Tribunale aveva condannato l’imputato alla pena di euro 7.000 di ammenda per il reato ex art. 727 c.p., per aver abbandonato il suo cane.

La difesa dell’uomo nell’ricorrere in Appello aveva giustificato la condotta dell’uomo ritenendo che questo stesse solamente legando l’animale ad una ringhiera in attesa di riprendere il tragitto verso la propria abitazione.

Gli Ermellini, intervenuti sulla questione hanno chiarito che anche se il giudice di primo grado, nella motivazione della sentenza si era dilungato sui fatti accaduti successivamente, la condanna era stata emessa esclusivamente per il fatto oggetto della continuazione. Infatti deve essere ricordato che oggetto della prova non sono solamente i fatti di cui alla contestazione, ma anche quelli che possono avere rilevanza ex art. 133 c.p.

In ogni caso viene rilevato che il reato si è estinto per prescrizione.

In presenza di una causa di estinzione del reato non possono essere rilevati in Cassazione vizi di motivazione della sentenza, in quanto l’inevitabile rinvio della causa all’esame del giudice di merito dopo la pronuncia di annullamento è incompatibile con l’obbligo della immediata declaratoria di proscioglimento per l’intervenuta estinzione del reato, stabilito dall’art. 129 c.p.p.

Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 35490 del 2009 avevano disposto che:

“In presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129 comma 2 c.p.p., soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di constatazione, ossia di percezione ictu oculi, che a quello di apprezzamento e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento”.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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