AGENZIA DELLE ENTRATE: SE LA DISPOSIZIONE NON È CHIARA NIENTE SANZIONI
Sul legittimo affidamento del contribuente: sanzioni non dovute se la disposizione non è chiara
Corte di Cassazione, quinta sezione civile, ordinanza n. 370 del 2019
La Commissione Tributaria Regionale aveva respinto l’Appello presentato dall’Agenzia delle Entrate, confermando quanto disposto dalla Commissione Tributaria Provinciale, ossia l’annullamento dell’avviso di irrogazioni delle sanzioni emesso per l’IVA, derivante da illegittima compensazione.
L’Amministrazione Finanziaria, nel ricorrere in Cassazione lamenta che la CTR ha erroneamente ritenuto non dovute le sanzioni applicate per il superamento del c.d. “plafond” previsto in materia di compensazioni IVA, alla luce della Ris. Min. N. 218E del 5 dicembre 2003 dell’Agenzia delle Entrate.
Gli Ermellini, intervenuti sulla questione hanno chiarito che in merito ai principi generali in tema di sanzioni, in riferimento al legittimo affidamento del contribuente di fronte all’azione dell’Amministrazione finanziaria,
“ai sensi dell’art. 10, commi 1 e 2, dello Statuto del contribuente, costituisce situazione tutelabile quella caratterizzata: a) da un’apparente legittimità e coerenza dell’attività dell’Amministrazione finanziaria, in senso favorevole al contribuente; b) dalla buona fede del contribuente, rilevabile dalla sua condotta, in quanto connotata dall’assenza di qualsiasi violazione del dovere di correttezza gravante sul medesimo; c) dall’eventuale esistenza di circostanze specifiche e rilevanti, idonee a indicare la sussistenza dei due presupposti che precedono”.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10195 del 2016 ha inoltre precisato come le circolari ministeriali in materia tributaria non costituiscono fonte di diritti ed obblighi, pertanto, nel caso in cui il contribuente si sia conformato ad un’interpretazione erronea fornita dall’Amministrazione finanziaria, è esclusa solamente l’irrogazione delle relative sanzioni e degli interessi, senza alcun esonero dall’adempimento dell’obbligazione tributaria, secondo il principio di tutela dell’affidamento previsto dall’art. 10, comma 2 della l. n. 212 del 2000.
Dalle sentenze appena enunciate discente che la centralità del sistema sanzionatorio, quanto ai rapporti tra debenza delle stesse e indicazioni dell’Amministrazione Finanziaria, dell’art. 10 della l. n. 212 del 2000, il quale al comma 1 dispone che:
“I rapporti tra contribuente ed amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede”.
Invece, il secondo comma della disposizione in commento dispone che:
“non sono irrogate sanzioni disciplinari né richiesti interessi moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell’amministrazione finanziaria, ancorché successivamente modificate dall’amministrazione medesima, o qualora il suo comportamento risulti posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori dell’amministrazione stessa”.
Per gli Ermellini, è chiaro che tali disposizioni devono essere interpretate ed applicate alla luce di quanto affermato nell’art. 1 della stessa legge:
“Le disposizioni della presente legge, in attuazione degli articoli 3, 23, 53 e 97 della Costituzione, costituiscono principi generali dell’ordinamento tributario e possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali”.
La Corte Comunitaria, con diverse pronunce ha stabilito che la revoca di un atto amministrativo favorevole è generalmente soggetto a condizioni molto rigorose, pertanto tale diritto può essere limitato dalla necessità di rispettare il legittimo affidamento del destinatario dell’atto, che può aver fatto affidamento sulla legittimità dello stesso, allorquando nessun interesse di ordine pubblico prevale sull’interesse del destinatario a conservare una situazione che egli poteva considerare stabile e nulla attesta che il destinatario abbia provocato l’atto mediante indicazioni false o incomplete.
La Corte di Cassazione ha rammentato che il comunicato stampa, quale provvedimento atipico nei rapporti tra Fisco-Contribuente
“non si colloca nella gerarchia delle fonti, in alcun gradino logico, e certamente è quindi sottordinato rispetto alle risoluzioni Ministeriali e alle circolari, non ammettendosi in materia tributaria invero neppure alcuna rilevanza agli usi, anche a voler in tal ultima categoria collocare il comunicato stampa”.
Con riferimento poi alle circolari come alle risoluzioni, secondo costante orientamento giurisprudenziale:
“La circolare non vincola addirittura la stessa autorità che l’ha emanata, la quale resta libera di modificare, correggere e anche completamente disattendere l’interpretazione adottata”.
Con la sentenza n. 8101 del 2017 gli Ermellini hanno chiarito che:
“In tema di IVA, l’art. 34 della L. n. 388 del 2000, nel testo applicabile ratione temporis, sancendo che, a decorrere dal 1°gennaio 2001, il limite massimo dei crediti d’imposta e dei contributi compensabili ai sensi dell’art. 17 del d.lgs. n. 241 del 1997, per i soggetti intestatari di conto fiscale, è fissato in lire 1 miliardo per ciascun anno solare, ha inteso introdurre, per ogni periodo d’imposta, al fine di non squilibrare eccessivamente le previsioni di gettito fiscale annuale, un limite invalicabile alla possibilità del contribuente di porre in compensazione crediti fiscali e debito IVA, che non può essere superato anche in sede di liquidazioni periodiche IVA”.