TENTATA ESTORSIONE: LA POTENZIALITA’ DELLA MINACCIA AD INCUTERE PAURA

Nel tentativo di estorsione,va considerata la potenzialità della minaccia stessa ad incutere paura, indipendentemente dal fatto che la vittima ne risulti effettivamente intimidita

Corte di Cassazione, seconda sezione penale, sentenza n. 23075 del 2018

L’art. 629 del codice penale, che disciplina l’estorsione dispone che:

“Chiunque, mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cosa, procura a sé o ad altri un ingiusto danno, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da euro 1.000 a euro 4.000.

La pena è della reclusione da sette a venti anni e della multa da euro 5.000 a euro 15.000, se concorre taluna delle circostanze indicate nell’ultimo capoverso dell’articolo precedente”.

Nel caso in esame un uomo era stato condannato per il reato di tentata estorsione per aver intimato ad un commerciante il pagamento di un “pizzo” di euro 500, prospettandogli quale minaccia di incendiargli il negozio se non avesse pagato quanto richiesto.

La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento ha ribadito che per quanto riguarda il tentativo di estorsione, deve essere presa in considerazione la potenzialità̀ della minaccia stessa ad incutere paura, indipendentemente dal fatto che la vittima ne risulti intimidita.

Non vi può essere alcun dubbio sull’idoneità delle minacce a coartare la volontà della persona offesa, stante la gravità del male prospettato, visto che la forza intimidatoria di detto atteggiamento sembra idonea a ingenerare il timore presupposto del reato di estorsione.

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Secondo costante orientamento giurisprudenziale:

“Nel reato di estorsione la minaccia, oltre che palese, esplicita e determinata, può essere anche larvata o indiretta; essa deve ingenerare in chi la subisce un timore consistente nella paventata previsione di più gravi pregiudizi, sicché, in tema di tentativo, va considerata la potenzialità della minaccia stessa ad incutere paura, indipendentemente dal fatto che la vittima ne risulti effettivamente intimidita”.

Perché possa configurarsi il reato in questione sono indifferenti la forma o il modo della minaccia, purché essa sia in ogni caso idonea, in relazione alle circostanze concrete, a incutere timore ed a coartare la volontà del soggetto passivo.

Nel caso in oggetto gli Ermellini hanno disposto che la minaccia posta in essere dall’imputato fosse idonea a coartare la volontà della vittima; per tale motivo dichiara il ricorso inammissibile.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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