STATO E REGIONI

LEGISLAZIONE RIPARTITA TRA STATO E REGIONI

L’art. 117 della Costituzione indica quali materie siano di legislazione esclusiva dello Stato e quali delle Regioni. La norma attribuisce dunque alle Regioni la potestà legislativa rompendo così il monopolio legislativo statale . Così le Regioni non costituiscono semplici enti di decentramento amministrativo ma devono essere considerate come persone giuridiche pubbliche con la propria autonomia e indipendenza e aventi il potere di emanare norme giuridiche aventi rango primario.

La potestà legislativa statale non può regolare materie di competenza esclusiva delle Regioni.

A seguito del referendum consultivo della Regione Lombardia e Veneto del 22 ottobre 2017 ci si chiede cosa la legislazione attuale prevede in merito al potere legislativo regionale e per quali materie le Regioni hanno tale potere di legiferare.

Premesso che secondo il primo comma della norma:

la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali’,

e che pertanto vengono stabilite le fonti sovraordinate alle quali devono attenersi tanto lo Stato che le Regioni, e sottolineato che con la locuzione ‘obblighi internazionali’ si fa riferimento  alle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute previste dall’art. 10 della Costituzione e ai Trattati internazionali che siano stati recepiti dal nostro paese mediante un ordine di esecuzione contenuto in una legge, ulteriore limite per  la legislazione regionale sarà comunque l’ambito territoriale suo proprio.

Nell’individuazione delle materie di cui al nostro quesito andremo per esclusione considerando quelle che la norma attribuisce esclusivamente allo Stato, ossia:

la politica estera e i rapporti internazionali dello Stato con l’Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti all’Unione Europea;

immigrazione: intesa come disciplina del controllo dell’ ingresso degli stranieri nel territorio nazionale. Ciò non impedisce alle Regioni di provvedere alla disciplina di accoglienza e di integrazione degli stranieri sulla base del principio che a tutti devono essere garantiti i diritti fondamentali che fanno capo alla persona umana;

rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;

difesa e Forze armate; Sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;

moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza, sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; armonizzazione dei bilanci pubblici; perequazione delle risorse finanziarie;

organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;

– organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento europeo;

– ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali: la legge statale per evitare disparità di trattamento è tenuta a regolare in modo uniforme e su tutta la nazione l’ordinamento amministrativo dello stato e degli enti pubblici nazionali, ma non quello degli enti territoriali;

– ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;

– cittadinanza, stato civile e anagrafi;

– giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;

– determinazione dei livelli assistenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale: il legislatore statale a volte interviene in ambiti trasversali che incidono sulla potestà regionale residuale delle Regioni. Questa trasversalità riguarda materie come: la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema e la tutela della concorrenza. La Corte Costituzionale in particolare è intervenuta per chiarire che nelle materie trasversali i criteri da applicare al fine di non agire illegittimamente sono il criterio della proporzionalità e ragionevolezza dell’intervento statale, consentendo all’opposto, al legislatore regionale di intervenire in materie di competenza esclusiva dello Stato per disciplinare interessi localizzabili a livello regionale connessi a quelli che costituiscono espressione di istanze uniformi e unitarie;

– norme generali sull’istruzione;

– previdenza sociale;

– legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Provincie e Città metropolitane;

– dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;

– pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale; opere dell’ingegno;

– tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali;

L’articolo 117, comma 3, Cost. prosegue poi indicando una serie i materie  in cui sussiste legislazione concorrente tra Stato e Regioni.  E indica poi che:

Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato’,

delineando pertanto una competenza residuale per il potere legislativo regionale. Tale competenza non è indicata come ‘esclusiva’ ma deve ritenersi tale in considerazione del fatto che si tratta di una potestà sottratta ai vincoli tipici della potestà concorrente.

Enuncia poi che:

Le Regioni e le provincie autonome di Trento e Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione europea’

Infine, l’ultimo comma della norma indicata stabilisce che

Nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati dal leggi dello Stato.

In ogni caso lo stato mantiene un potere sostitutivo in caso di inadempienza nonché un diritto di rivalsa nei confronti delle Regioni e degli altri enti pubblici responsabili delle violazioni del diritto dell’Unione.

I limiti delle rispettive competenze, seppur delineati in modo tanto particolareggiato, a volte non sono comunque ben comprensibili e a volte possono sorgere dei dubbi di applicazione delle stesse. Un caso emblematico è quello sotto esplicato in riferimento ad una ‘diatriba’ tra lo Stato e la Regione (in questo caso le Marche) con riferimento alla legislazione applicabile, nel rispetto della previsione costituzionale e con riguardo alle distanze tra i fabbricati.

LA SENTENZA

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 6 del 2013 ha stabilito che:

‘poiché i fabbricati insistono su di n territorio che può avere rispetto ad altri specifiche caratteristiche, la disciplina che li riguarda – ed in particolare quella dei loro rapporti nel territorio stesso – esorbita dai limiti propri dei rapporti interprivati e tocca anche interessi pubblici, la cui cura è stata affidata alle Regioni, in base alla competenza concorrente in materia di ‘governo del territorio’, ex. art. 117, terzo comma, Cost. Per queste ragioni, in linea di principio la disciplina delle distanze minime tra costruzioni rientra nella materia dell’ordinamento civile e, quindi, attiene alla competenza legislativa statale; alle Regioni è consentito fissare limiti in deroga alle distanze minime stabilite nelle normative statali, solo a condizione che la deroga sia giustificata dall’esigenza di soddisfare interessi pubblici legati al governo del territorio. Dunque, se da un lato non può essere del tutto esclusa una competenza legislativa regionale relativa alle distanze tra edifici, dall’altro essa, interferendo con l’ordinamento civile, è rigorosamente circoscritta dal suo scopo – il governo del territorio  che ne detta le modalità di esercizio. Pertanto, la legislazione regionale che interviene in tale ambito è legittima solo in quanto persegue chiaramente finalità di carattere urbanistico, rimettendo l’operatività dei suoi precetti a ‘strumenti urbanistici funzionali ad un assetto complessivo ed unitario di determinate zone del territorio’’

Avv. Elisa Bustreo


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