NON SEMPRE IL CONDOMINIO RISARCISCE PER LA CADUTA DALLE SCALE

Attenzione a quando si cade dalle scale del condominio, non sempre il condominio è tenuto a risarcire!

Corte di Cassazione, sesta sezione civile, sentenza n. 10986 del 2018

La vicenda processuale:

Tizio, scivolato dalle scale del condominio a causa di una sostanza liquida su un gradino, agisce in giudizio al fine di ottenere il risarcimento dei danni patiti.

Sia il Tribunale di Napoli che la Corte d’Appello di Napoli avevano rigettato il suo ricorso.

Vine quindi proposto ricorso in Cassazione, deducendo due motivi di ricorso:

1) vizio di violazione dell’articolo 2051 del c.c. in riferimento all’art. 360, n. 3 c.p.c.;

2) vizio di violazione degli articoli 112 e 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c.

La pronuncia:

Gli Ermellini ritengono i due motivi di ricorso inammissibili. Il Tribunale di Napoli aveva rigettato la domanda del ricorrente in quanto non era stata fornita prova del nesso di causalità, dato che lo stesso aveva affrontato le scale

“con le mani occupate dalle buste della spesa”.

In seguito alla ricostruzione dei fatti, quindi, al condominio non dovevano ravvisarci profili di colpa ex art. 2051 c.c. , tant’è che gli Ermellini statuiscono

“La Corte territoriale, all’esito di detta ricostruzione fattuale, ha -più specificamente- ritenuto correttamente che doveva
negarsi la ravvisabilità in capo al Condominio di profili di colpa ex art. 2051 c.c. ( stante, per di più, la risultanza che i
gradini non presentavano alcuna anomalia, che il pericolo era dovuto a materiale oleoso del tutto occasionalmente presente e che neppure era stata dedotta la riferibilità di colpevole abbandono dello stesso materiale)”.

L’art. 2051 c.c. dispone che:

“Ciascuno è responsabile del danno cagionato delle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”.

Inoltre i gradini non presentavano alcuna anomalia, e se anche vi fosse stato del materiale oleoso questo era del tutto occasionale.

Secondo costante giurisprudenza

“in materia di procedimento civile, nel ricorso per cassazione, il vizio di violazione e falsa applicazione della legge di cui all’art. 360, n. 3 c.p.c., giusto il disposto di cui all’art. 366, primo comma, n. 4 c.p.c., deve essere, a pena di inammissibilità, dedotto mediante la specifica indicazione delle affermazioni di diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumono in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse”.

È onere della parte

“svolgere specifiche argomentazioni intese a dimostrare come e perché determinate affermazioni contenute nella sentenza gravata siano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità”,

come specificato dalla sent. n. 635/2015 di Cassazione.

“Nella fattispecie in esame parte ricorrente, viceversa, non solo non ha svolto le suddette specifiche argomentazioni,
ma – attraverso l’uso strumentale della denuncia di pretese violazioni di norme di legge- ha finito con lo svolgere impropriamente inammissibili censure in punto di fatto”.

Dott.ssa Benedetta Cacace


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