LE SS.UU. CON SENTENZA N. 16601/2017 SI PRONUNCIANO SUL C.D. RISARCIMENTO PUNITIVO

Le SS.UU. accolgono nel nostro ordinamento i c.d. “danni punitivi”

Con la sentenza n. 16601 del 5 luglio 2017, la Corte di Cassazione Civile, Sezioni Unite, si è espressa in merito alla questione della compatibilità del risarcimento punitivo con il nostro sistema giuridico, offrendo altresì numerosi spunti di riflessione.

V. IL TESTO INTEGRALE DELLA SENTENZA

La vicenda origina da un contenzioso sorto dall’accoglimento da parte dell’autorità giudiziaria Statunitense di una domanda di garanzia, azionata da un rivenditore americano di caschi da motocross, contro una società Italiana produttrice anch’essa di caschi, per il riconoscimento di un indennizzo, corrisposto tardivamente dal rivenditore in favore di un motocilista, che a causa di un difetto del casco, aveva subito ingenti danni a seguito di un incidente verificatosi durante una gara di motocross.

La società americana adiva la Corte d’Appello Veneziana per ottenere l’esecutività della sentenza in Italia, ex. art. 64 della L. n. 218/1995.

La Corte d’Appello, in sede di deliberazione, accogliendo la domanda dell’istante, dichiarava efficace ed esecutivo nel nostro ordinamento, il provvedimento del giudice Statunitense.

Successivamente, la società soccombente proponeva ricorso in Cassazione, sottolineando la non validità nell’ordinamento Italiano delle sentenze straniere che riconoscevano i danni punitivi, come affermato da un risalente orientamento della Corte di Cassazione (sent. n. 1183/07).

Essendo presente un potenziale contrasto su tale argomento, la questione veniva rimessa alla cognizione delle Sezioni Unite.

Con la pronuncia del 5 luglio 2017, n. 16601/2017, le Sezioni Unite riconoscono in maniera diretta la compatibilità con l’ordinamento italiano dei risarcimenti punitivi e pertanto, ampliano l’interpretazione della responsabilità civile.

Lo scopo del danno punitivo è quello di punire l’autore dell’illecito condannandolo al pagamento di una somma il cui importo è superiore all’effettivo pregiudizio patito dal danneggiato.

Nel nostro ordinamento, fino alla recente sentenza delle SS. UU. Si mirava ad escludere la legittimità di una condanna al pagamento di una somma a carattere punitivo.

Infatti, la Corte di Cassazione, negli unici casi in cui era stata adita a pronunciarsi su tale materia (sentenza n. 1183/2007 e 1781/2912) aveva sempre negato la riconoscibilità dei danni punitivi nell’ordinamento italiano, sostenendo che:

“Punizione e sanzione erano estranei al risarcimento del danno visto che alla responsabilità civile è assegnato il compito precipuo di restaurare la sfera patrimoniale del soggetto che ha subito la lesione mediante il pagamento di una somma di denaro che tenda a eliminare le conseguenze del danno arrecato, ciò che vale per qualsiasi danno, compreso il danno non patrimoniale o morale”.

Quindi, i giudici di Cassazione sostenevano che il riconoscimento dei danni punitivi statuiti in una sentenza straniera, avrebbe incontrato il limite dell’ordine pubblico.

Con la sentenza in esame, invece i giudici di Cassazione, invertono la rotta e sostengono che l’impostazione giurisprudenziale vigente è oramai desueta in virtù dell’evoluzione dell’istituto della responsabilità civile, alla luce degli interventi legislativi nazionali ed europei che hanno introdotto tipologie risarcitorie anche a carattere sanzionatorio e deterrente.

Ritenendo compatibile con il nostro ordinamento l’istituto dei risarcimenti punitivi è stato affermato il seguente principio, secondo cui:

“Nel vigente ordinamento italiano, alla responsabilità civile non è assegnato solo il compito di restaurare la sfera patrimoniale del soggetto che ha subito la lesione, poiché sono interne al sistema la funzione di deterrenza e quella sanzionatoria del responsabile civile. Non è, perciò, ontologicamente incompatibile con l’ordinamento italiano l’istituto di origine statunitense dei risarcimenti punitivi. Il riconoscimento di una sentenza straniera che contenga una pronuncia di tal genere deve, però, corrispondere alla condizione che essa sia stata resa nell’ordinamento straniero su basi nominative che garantiscano la tipicità delle ipotesi di condanna, la prevedibilità della stessa ed i limiti quantitativi, dovendosi avere riguardo, in sede di deliberazione, unicamente agli effetti dell’atto straniero e alla loro compatibilità con l’ordine pubblico”.

I giudici, in un contesto di europeizzazione del diritto internazionale privato e processuale, riscrive la funzione dell’ordine pubblico nell’ordinamento nazionale, in relazione al complesso dei principi atti a tutelare i diritto fondamentali dell’uomo, riconosciuti dalla Carta Europea dei Diritti dell’Uomo e garantiti anche a livello sovranazionale nei differenti ordinamenti, sostenendo che:

“La sentenza straniera che sia applicativa di un istituto non regolato dall’ordinamento nazionale, quand’anche non ostacolata dalla disciplina europea, deve misurarsi con il portato della Costituzione e di quelle leggi che, come nervatura sensibili, fibre dell’apparato sensoriale e delle parti vitali di un organismo, inverano l’ordinamento costituzionale”.

In base a quanto affermato, non può ritenersi pregiudizialmente contrario a valori essenziali della comunità internazionale l’istituto di origine nordamericana dei danni non risarcitori, aventi carattere punitivo.

Dott.ssa Benedetta Cacace


VUOI RIMANERE SEMPRE AGGIORNATO? ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER