L’AVVOCATO NON PUO’ MAI DIFFONDERE I NOMI DEI PROPRI CLIENTI

Può l’avvocato diffondere i nomi dei propri clienti?

La Corte di Cassazione Civile, SS.UU., con la sentenza n 9861 del 19 aprile 2017 ha stabilito che l’avvocato non può mai diffondere i nomi del propri clienti

Il caso di specie:

Due avvocati avevano impugnato davanti al Consiglio Nazionale Forense, la decisione del COA di appartenenza, che gli aveva addebitato una sanzione disciplinare, in particolare un avvertimento, in quanto avevano riportato sul loro sito internet, la lista dei loro principali clienti, perché anche se avevano espresso il loro consenso ciò era in contrasto con gli articoli 6 e 17 del Codice Deontologico Forense.

Il C.N.F. aveva respinto il ricorso dei due avvocati, sottolineando come le norme deontologiche relative alla pubblicità, dovevano essere intese ed applicate tenendo presente la peculiarità della professione forense in virtù della sua funzione sociale.

Per tale motivo i due avvocati avevano presentato un ricorso per Cassazione.

La decisione della Corte:

Anche se il D.L. n. 223 del 2006 aveva previsto l’abrogazione delle disposizioni legislative e regolamentari contenenti il divieto di fare pubblicità informatica sui titoli, sulle specializzazioni, professionali, i servizi offerti, e le tariffe, il C.N.F., ha sottolineato come tale provvedimento, in realtà non ha abrogato al previsione del codice deontologico, in base al quale l’avvocato non può rivelare al pubblico i nomi dei propri assistiti, anche in presenza del loro consenso.

Pertanto, l’esclusione del divieto di rendere noti i nomi dei propri assistiti non è espressamente prevista dal c.d. decreto Bersani e quindi potrebbe rientrare in questa previsione normativa solamente in base ad un’ampia interpretazione del concetto di pubblicità informativa, in relazione alle caratteristiche del servizio offerto.

Le norme relative alla pubblicità informativa in ambito forense devono essere interpretate compatibilmente con le peculiarità dell’attività libero-professionale.

Il rapporto che intercorre tra avvocato e cliente non è solamente un rapporto privato avente carattere libero-professionale e non può essere ricondotto semplicemente alla logica di mercato; ma occorre una cautela maggiore, anche alla luce della stretta connessione tra l’attività di libero professionista dell’avvocato e l’esercizio della giurisdizione.

Sulla base di questi motivi la Suprema Corte ha rigettato il ricorso, prevedendo il divieto per gli avvocati di pubblicizzare i nominativi dei loro assistiti.

Dott.ssa Benedetta Cacace