Disconoscimento di paternità

La Corte di Cassazione Civile, sez. I., con la sentenza del 3 aprile 2017, n. 8617 stabilisce che in merito al disconoscimento di paternità, la stabilità dei rapporti batte la verità biologica

In riferimento all’azione di disconoscimento, l’articolo 30 della Costituzione non dà un valore predominante alla paternità biologica rispetto a quella legale. Bisogna eseguire un bilanciamento degli interessi, in relazione alla situazione concreta del minore, destinatario dell’esito del procedimento.

Con la sentenza in oggetto, la Corte di Cassazione, afferma di nuovo la necessità di un bilanciamento dell’esigenza di verità della paternità biologica e quello della certezza del legame genitoriale acquisito, in riferimento all’interesse concreto del soggetto minore.

La vicenda:

Il padre biologico, non poteva direttamente agire con l’azione di disconoscimento di paternità pertanto aveva stimolato l’azione del P.M. ai sensi dell’art. 244 c.c., il quale aveva poi nominato un curatore speciale al minore, per l’avvio dell’azione.

Il Tribunale e la Corte d’Appello avevano accertato e di conseguenza dichiarato la non paternità biologica del marito della madre, sulla base di alcuni documenti prodotti, e sul rifiuto delle parti ad effettuare l’analisi del DNA, fondamentale, secondo l’articolo 116 c.p.c., per la non contestazione della relazione adulterina della madre con il padre presunto e, in fine sulla base del materiale fotografico che ritraeva il bimbo nei primi anni della sua vita.

Secondo i giudici di merito, la verità biologica della procreazione aveva un valore preminente, come elemento essenziale dell’interesse del minore. Tuttavia tali giudici non avevano mai proceduto all’audizione del minore, riguardo all’accertamento di quel legame.

I genitori proposero ricorso per Cassazione.

I ricorrenti sostengono che la nomina del curatore speciale doveva essere procedura dall’assunzione di sommarie informazioni e dall’audizione delle persone interessate. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avrebbero dovuto ascoltare il figlio.

Contrariamente la Corte territoriale riteneva implicita, nel decreto di nomina del curatore, la valutazione della sussistenza dell’interesse del ragazzo alla proposizione dell’azione.

L’articolo 30 della Costituzione non ha dato valore preminente alla verità biologica rispetto a quella legale, ma al quarto comma enuncia che:

“la legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità”.

Viene affidato al legislatore il potere di privilegiare la paternità legale rispetto a quella naturale, e di fissare inoltre le condizioni e i modi per farla valere.

L’esigenza di un bilanciamento attento degli interessi che vengono in rilievo, è imposta non solamente dalle fonti interne, ma anche da quelle sovranazionali. Possono al riguardo essere richiamati: l’articolo 8 della Convenzione EDU, l’articolo 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, e l’articolo 6 della Convenzione Europea sull’esercizio dei diritti dei minori.

Se il minore ha una sua capacità di discernimento, bisogna procedere al suo ascolto, in forma adeguata rispetto alla sua maturità, a meno che ciò non sia in contrasto con i suoi interessi.

Secondo quanto previsto dalla Corte di Cassazione:

“L’esaltazione dell’interesse del minore e la necessità di una sua costante valutazione, impone una verifica in termini di attualità, anche in sede di appello, soprattutto quando, a fronte di un’iniziativa processuale non correlata ad alcuna esplicita volontà del minore stesso quest’ultimo, ossia il reale protagonista della vicenda acquisisca nel corso del procedimento una maturità di comprensione e di determinazione rispetto alla propria identità personale”.

Dott.ssa Benedetta Cacace