ATTI SESSUALI IN PRESENZA DI MINORE DI ANNI 14 E LE LORO DICHIARAZIONI
Le dichiarazioni rese da un minore senza l’assistenza di uno psichiatra sono valide?
Corte di Cassazione, terza sezione penale, sentenza n. 22754 del 2018
La Corte d’Appello di Firenze aveva confermato la sentenza del Giudice dell’Udienza preliminare del Tribunale di Firenze con la quale Tizio era stato condannato alla pena sospesa di un anno di reclusione, per il reato di cui agli artt. 81, secondo comma, e 609-quinquies c.p., per aver, con più atti esecutivi del medesimo disegno criminoso, mostrato l’organo genitale e compiuto atti sessuali alla presenza di alcune minori degli anni quattordici.
L’art 609 -quinquies c.p. dispone che:
“Chiunque compie atti sessuali in presenza di persona minore di anni quattordici, al fine di farla assistere, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, alla stessa pena di cui al primo comma soggiace chiunque fa assistere una persona minore di anni quattordici al compimento di atti sessuali, ovvero mostra alla medesima materiale pornografico, al fine di indurla a compiere o a subire atti sessuali.
La pena è aumentata.
a) se il reato è commesso da più persone riunite;
b) se il reato è commesso da persona che fa parte di un’associazione per delinquere e al fine di agevolarne l’attività;
c) se il reato è commesso con violenze gravi o se dal fatto deriva al minore, a causa della reiterazione delle condotte, un pregiudizio grave.
La pena è aumentata fino alla metà quando il colpevole sia l’ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato, o che abbia con quest’ultimo una relazione di stabile convivenza”
V.anche
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Il ricorrente ricorre in Cassazione deducendo che i giudici di merito avevano posto a base dell’affermazione di responsabilità le informazioni apprese dalle testimonianze rese dalle minorenni, in violazione dell’art. 351, comma 1 ter c.p.p. che prevede l’ausilio di un esperto in psicologia o psichiatria infantile, nominato dal pubblico ministero.
“1-ter. Nei procedimenti per i delitti previsti dagli articoli 572, 600, 600 bis, 600 ter, 600 quater, 600 quater 1, 600 quinquies, 601, 602, 609 bis, 609 quater, 609 quinquies, 609 octies, 609 undecies e 612 bis del codice penale, la polizia giudiziaria, quando deve assumere sommarie informazioni da persone minori, si avvale dell’ausilio di un esperto in psicologia o in psichiatria infantile, nominato dal pubblico ministero . Allo stesso modo procede quando deve assumere sommarie informazioni da una persona offesa, anche maggiorenne, in condizione di particolare vulnerabilità. In ogni caso assicura che la persona offesa particolarmente vulnerabile, in occasione della richiesta di sommarie informazioni, non abbia contatti con la persona sottoposta ad indagini e non sia chiamata più volte a rendere sommarie informazioni, salva l’assoluta necessità per le indagini.”
La violazione di tale norma comporterebbe l’inutilizzabilità assoluta della prova.
Pertanto, secondo il ricorrente, il suo diritto di difesa sarebbe violato se nel procedimento di formazione della prova, le dichiarazioni del minore siano state assunte senza l’assistenza di uno psicologo, in quanto la presenza dello stesso svolgerebbe sia la funzione di tutela del minore, che quella della corretta assunzione delle due dichiarazioni.
Detto ciò, la prova assunta in violazione dell’art. 351, comma 1 ter c.p.p. rientrerebbe nella categoria delle prove incostituzionali, essendo stata assunto con comportamenti realizzati in spregio dei diritti fondamentali del cittadino.
Secondo gli Ermellini il ricorso non è fondato e pertanto viene rigettato.
La Corte di legittimità, con la sentenza n. 3651 del 2013 ha disposto che:
“L’inosservanza della disposizione di cui all’art. 351 comma 1 ter c.p.p. non comporta nullità delle dichiarazioni assunte, potendo assumere rilievo ai fini di una responsabilità dei contenuto dichiarativi”.
Nel caso in oggetto, non vi è alcuna violazione dell’esercizio del diritto di difesa, quale diritto al contraddittorio nella formazione della prova.